di Filomena Baratto
Vico Equense - Da alcuni anni passo le estati in barca, ma quando accade di andare in spiaggia, mi diverto. Per la donna la spiaggia è sempre una prova, quella costume intendo, e abbiamo mille fisime su cui cavillare, ciò non toglie che in spiaggia dobbiamo pure andare. La cellulite abbonda nei punti critici e, quei buchini e avvallamenti che ci affliggono, escono fuori in tutta la loro prepotenza sotto la luce del sole. Vorrei essere filiforme, una giraffa, per non dover fare a botte con i centimetri. E ti chiedi a cosa sia servito l’anno di attività fisica, senza assaggiare un gelato, nemmeno un cucchiaino di zucchero. Mah, misteri della dieta! Va be’, ma che sarà mai quella graziosa buccia d’arancia se non è proprio così debordante e da schifo! E’ un eccesso di zelo, un volersi vedere alla Kate Moss mentre assomigli più a Kate Winslet. Facendo una disamina di quello che il corpo di una donna subisce nel tempo, bisogna ringraziare il Signore se ci risparmia dal diventare come la Mummy di Rossella O’Hara per tutto quello che deve sopportare! Ci avete mai pensato? No? Facciamo un po’ di conti. Tra maternità, allattamenti, ore di studio date alla sedia per affrontare gli esami, ore dedicate alla cucina, è veramente un miracolo ritrovarlo ancora intatto. E poi crescere figli, non lo mette più in calendario nessuno. E sono ore e ore di stanchezza che nel tempo si sommano. Il nostro corpo ha una memoria di ferro su cui restano segni, contrariamente alla mente che si libera di tutto ciò che è stato faticoso. Assodato che tanto male non sei, che prometti di presentarti meglio per il prossimo anno (anche se intanto passa un altro anno e niente succede), che giuri di votarti a una dieta ferrea, che non assaggerai un filino di pane, andiamo oltre.
Il costume! Ne vogliamo parlare?
Certo! Ne ho collezionati tanti da riempirne due scatole. Ogni anno ne prendevo uno nuovo, perché così impone la moda. Poi mi sono accorta che non è il costume che cambia, ma il corpo. E allora che li compro a fare? Riciclo quelli che ho, che sono veramente tanti ma tanti, tutti bellissimi e di qualità. Ad ogni peso ne ho uno adatto. Perdo due chili? Ce l’ho! Metto un chilo? Ce l’ho! Vado in barca? Ce l’ho. Prima invece credevo che un costume cambiasse la vita, rendesse affascinante, bella, sinuosa, poi ho capito che non è il costume ma tu, ma l’insieme della persona compresa l’ironia e il sapersi accettare per la forma che si ha. Questo però non giustifica gli eccessi, così come la trascuratezza. Arrivati in spiaggia, il massimo che sappiamo fare è sederci, già stanchi e ci pesa anche andare a fare il bagno. E dando un rapido sguardo in giro, vedo corpi stesi come se fossero stirati, con costumi dai colori brillanti, bottigline spray per irrorare la pelle e non farla asciugare e poi occhiali, cappelli, copricostumi volanti, ampi, svolazzanti. Palestrati tatuati, pance incavate, treccine africane, cappellini di tutti i tipi. I maschietti se la passano meglio. Non avendo “lardume” al seguito spupazzano per la spiaggia certi del loro sex -appeal, a meno che non facciano venire in mente Aldo Fabrizi nuova generazione e tutta quella specie a cui non gliene frega niente di come il corpo aumenti. E su una cosa siamo d’accordo, chi ha su ciccia è perché mangia, non diciamo le solite sciocchezze che non tocchiamo niente. Al nord quando per strada passa una persona, diciamo “robusta”, si girano a guardarla come un’extraterrestre. E poi, vuoi mettere costumi dei maschietti? Un pantaloncino con laccetto quando non è un boxer da urlo o uno ridottissimo da Ercole. Ma poi arriva sempre il tipo Zeus che quando è in spiaggia sembra che gli occhi li abbia lasciati a casa, tanto non guarda niente e nessuno, l’idea fissa che lui lì è un Dio, e tutt’al più fa la mossa di sedersi e mettersi a leggere. A me piacciono i papà che corrono dietro i figli come se fossero loro i piccoli e i figli i genitori. Li coccolano, fanno il bagno con loro, li asciugano, mangiano insieme e ti chiedi: ”O non si saranno mai visti in un anno intero o in casa la mamma è il papà!” E se cerco di leggere il mio libro che mi attende da tanto, devo sempre fare i conti con la vicina di ombrellone che parla come se stesse trattando un caso giudiziario o una questione di vita o di morte. Se proprio non posso leggere, mi giro a guardare quelle belle signore di una certa età che con grazia ed eleganza si muovono per la spiaggia come ancelle, tutte ben curate, con colori chiari, capello a posto, collanina, costume come quello di scena, borsello al seguito per aggiustare il rossetto e con una calma se ne vanno magari a comprare un gelato. Ritornano e si sdraiano al sole. Poi arrivano loro, oddio, i maschietti con quaranta giornali in mano, di cui metà sportivi, sparsi per le varie borse e ti domandi come facciano a leggerli tutti se la lettura di uno solo, fatta bene, richiede un bel po’di tempo. Poi si incartano girando le pagine, devono cambiare gli occhiali, prendere il caffè, spalmare la crema alla moglie, richiamare il figlio, aspettare il padre, sempre e comunque con le pagine aperte. Quelle che mi fanno invidia sono le donne stese al sole come lucertole che non le scolli nemmeno con un secchio d’acqua. Non basta che siano nere, devono mantenere l’abbronzatura. E quando si alzano sembrano le caricature di Venere. Si guardano intorno come se ci fosse da scalare una montagna e finalmente decidono di tuffarsi. Ma i re e le regine delle spiagge sono gli esibizionisti, quelli che quando arrivano hanno scritto in fronte: “Finalmente eccomi a voi!”Con aria di sufficienza si guardano intorno, cominciano a spogliarsi come se l’atto fosse “un’investitura” e quando finalmente sono in tutta la loro bellezza, come la mamma li ha fatti, il minimo che possono fare è guardare il mare, se non altro per avvisarlo che di lì a poco avrà il piacere di averli tra le sue onde. Tra uomini e donne non c’è differenza, il narcisista lo si vede mille miglia lontano, da come ancheggia a come avanza, a come cerca specchi e vetrine e finanche nell’acqua si ammira, come guarda a dove fissa, con passi felpati come se fosse un’ombra, per poi affermarsi nel momento di mettersi in mostra. Gli argomenti sotto l’ombrellone sono immancabilmente la politica, le donne, il cibo, i figli e poi…i pettegolezzi. Non abbiate paura, quando da un ombrellone non arrivano voci, o si sta leggendo o si sta spettegolando sottovoce. Quante notizie volano sulla spiaggia come un tam tam di una tribù. Il tipo da spiaggia deve essere allegro, sempre pronto a partecipare, coinvolgere, unirsi agli altri, fare il bagno divertendosi. Di solito ama chiacchierare con gli altri e non sparlare e va a mare per il mare e non per mille altri motivi. A questo bisogna aggiungere la gioventù che va in spiaggia solo con amici, mai con i genitori. Sono loro i veri protagonisti con gli ammiccamenti, gli sguardi, il farsi notare, il guardare sotto sotto, il fare capannelli in acqua, al bar, in piscina, alle docce, sulla passerella. Vivono la loro bella età e sono gli unici a cui si perdona ogni eccesso in spiaggia. Una parolina per quelli che indossano costumi non proprio adatti: dovete capire che col tempo che passa, spogliarsi diventa sempre più un atto di coraggio, fate in modo che non sia indegno. Meglio la signora coperta stile 900 di una persona senza freni inibitori che si lascia andare alle sue forme credendo che spogliarsi significhi denudarsi. Di solito si crede che, essendo in tanti, nessuno faccia caso a niente: c’ è chi fa il cambio di costume con un candore fanciullesco, chi mangia come se stesse alla destra di Trimalchione, chi parla in modo smodato, chi occupa la doccia credendo di stare a casa sua, chi mangia senza nemmeno fare un cenno di invito a chi gli sta a fianco. Chi crede che tutti debbano conoscerlo, che sia normale e fa di tutto per farsi notare, parlando con frasi ridondanti e ridicole. Una volta ho seguito, in verità mi hanno indotto a seguire, un discorso proveniente dall’ombrellone accanto: un avvocato e il suo cliente. L’avvocato parlava con frasi di Cicerone tratte dalle Orazioni, forse le aveva imparate a memoria ed io seguivo e mi chiedevo cosa ci “azzeccassero” con la domanda del povero cliente? E poi il Santo telefonino! Squilla a tutte le ore, strombazza se arriva un messaggio, fa un chiasso infernale se qualcuno ci tagga, con ritmi brasiliani ci ricorda o ci sveglia. E poi, ci pensate? Siamo costretti ad ascoltare pedissequamente le conversazioni degli altri e qui non c’è l’opzione “abbandonare la conversazione” e assistiamo a lunghi discorsi come se si parlasse con gente all’altro capo del mondo. Ma più di tutti mi piace, in spiaggia, il tipo atletico, che non sta mai fermo, corre sempre da una parte all’altra anche senza motivo, credendo che muoversi faccia bene. Costui non è mai seduto, sempre come un’ombra accanto, gira e rigira no stop. Solo al tramonto, quando tutti cominciano ad andare via, è piacevole trattenersi. Ma il giorno dopo si riprende il ritmo di nuovo.
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