venerdì 2 marzo 2018

La carica dei maggiorenni

di Filomena Baratto

Vico Equense - Varcare la soglia dei diciotto anni è un momento indescrivibile, carico di emozioni e trepidazioni per entrare nel mondo degli adulti. Gli adulti! Se sapessero quale confusione regna in questo reparto, non vorrebbero mai entrarci. Le matricole di oggi sono certamente ragazzi svegli, giudiziosi e capaci di grandi riflessioni. Sono cresciuti a pane e computer, in famiglie nuova generazione, complete di benessere e difficoltà, difensori dell’immagine, figli di Narciso, poco legati alle regole che si infrangono prima ancora proprio in seno alla famiglia. A casa i genitori si scambiano facilmente i ruoli, con mamme impegnate e papà permissivi, talvolta sfuggenti. Di questo nessuna colpa ai giovani, sono i grandi che non sono più i curatori della famiglia come una volta. Riescono appena a relazionarsi figuriamoci se si ha il tempo di parlare di temi importanti come la politica. Essa viene chiamata in causa quando le cose non funzionano. Per esempio quando si riscuote uno stipendio per niente soddisfacente, quando ci si arrovella per le tasse, quando un mutuo costa un accidente o quando una legge è contro gli interessi di molti cittadini. La politica è vista piuttosto un servizio da erogare che non una mentalità da costruire. Durante le elezioni ci si ricorda, memore delle difficoltà incontrate, e ci si vende al miglior offerente: al personaggio di turno che meglio incarna le aspirazioni di tutti. Così facendo cresciamo i ragazzi nell’approssimazione, mentre dovrebbero acquisire dei comportamenti desunti da stili di vita propositivi. Dovrebbero esercitarsi sin da piccoli, per poter diventare come i castori, “costruttori di dighe”.
 
E pensare a quando noi, vecchia classe, abbiamo compiuto diciotto anni, è come ritornare alla preistoria: pieni di timori, sotto l’egida materna più che paterna, rispettosi, ligi al dovere, già pieni di progetti per l’avvenire in testa. Ma non eravamo migliori. Si era assuefatti agli stili e alle idee di famiglia e non si usciva da quel recinto. I ragazzi di oggi sono molto più aperti, pur amando la famiglia, si creano spazi e amicizie come se fossero mondi distinti e separati. Sono autonomi e sanno cosa vogliono. La famiglia è un contenitore dove le cose taciute diventano oscure e mai più comprese. Quello che si apprende discutendone in famiglia non lo si può fare in altri contesti. Maturare è questo: ascoltare, confrontarsi, capire e decidere. Tutto quello che avviene in famiglia è di grande rilevanza. I nostri giovani vivono la politica come quando si va ai grandi magazzini: al miglior offerente danno il voto, osservando poi cosa succede. Giunti dove siamo, impossibile capire cosa scegliere in un contesto poco leale. Scegliere per un bene che non sia personale, scegliere per ideali e non per vendersi, scegliere per progredire e non cadere in ritorni al passato, scegliere per costruire. E solo dopo aver conosciuto. Sono disorientati da quello che sentono e che vedono. Vanno a istinto, a quello che propinano gli stessi parenti, amici, conoscenti. La scuola e la famiglia dove devono formarsi, sono tra loro contraddittori. Non si vota per compiacere gli altri, né per timore di non essere più amico di, e nemmeno per non deludere. L’unico di cui tenere in considerazione è se stessi. Diamo peso a questo diritto che nel tempo ha perso valore. Le sorti della politica possono essere cambiate proprio grazie alla forza dei giovani in un paese anziano. Il fallimento della società è dato da quella grande percentuale di giovani indecisi e distanti dalla politica e in cui non credono. Ai loro occhi è torbida, non chiara e complicata e continuano a rilevare che ogni volta è un azzardo alla sperimentazione con gli uomini di turno. Ma ancor di più è preoccupante quella parte di giovani che ha scelto di non votare per non avere referenti in cui identificarsi. In questo caso votare comunque, scegliendo chi farà meno danni, adesso e in futuro. Diffidare di quei politici che perorano le cause solo di determinate categorie, perché rappresentano la maggioranza dell’elettorato. Diffidare di chi corrompe con agevolazioni ad personam, diffidate di chi è entrato in politica per salvaguardare i propri interessi o di chi spera di avere in mano il comando prima ancora di essere eletto. Molti vogliono salvare solo se stessi, la maggioranza non vuol perdere privilegi, e altri non lasciano le poltrone nemmeno quando sono spudoratamente in fallo. Per muoversi nei meandri della politica bisogna chiedere, informarsi, farsi spiegare, sottolineare le cose e avvicinare solo chi parla una lingua chiara. Molti politici fanno leva proprio su chi va a votare per la prima volta, ritenendolo facile preda. Non si è persa la cattiva abitudine di chiedere il voto come quando si portano i confetti per invitare a un matrimonio, e se necessario promettendo l’inverosimile. Prima di votare avvicinarsi ai fatti salienti di storia, approfondire la conoscenza del proprio luogo, della vita dei genitori, di chi li ha preceduti e quelle che erano le loro aspettative. Ormai gli ideali di partito di una volta non esistono più. La vera rivoluzione sarebbe quella di cambiare il sistema di pensiero, di fare politica per ordinare e non scombinare i piani delle vite altrui, di semplificare le cose e non complicarle, di snellire e non incrementare. Ma un conto è capire come stanno le cose, un altro rimboccarsi le maniche e partecipare. Ai giovani indecisi e a quelli che vorrebbero astenersi dico che è meglio votare. I detentori del futuro devono votare sempre e comunque per esprimere quello che altri mai potranno fare per loro e soprattutto per affermare un loro diritto oltre che dovere.

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