giovedì 22 marzo 2018

Nuvole

di Filomena Baratto

Vico Equense - Detto così pensiamo a qualcosa di inconsistente, insignificante. Lo diciamo a chi è distratto: “Cosa guardi, le nuvole?” Stanno lì per aria nelle loro forme varie, nella loro consistenza pesante o leggera e non sai se stiamo parlando di sogni o geografia, due parole che non sono poi agli antipodi. Parliamo della geografia dei sogni o dei sogni che fa la geografia? Un luogo geografico ideale per i sogni con le sue nuvole è Vico. Anche questo, detto così, può sembrare campanilismo, tanto chi è di Vico ne parla bene. Ma avete osservato le nuvole degli altri paesi? O sono troppo grandi o indecifrabili e poi sconosciute che non possono piacerci e con le quali non riusciremmo nemmeno a sognare. Le nuvole vicane e dintorni sono un’altra cosa! Sono a misura di territorio, si adattano ai tetti, al mare, alle altezze. L’altro giorno sulla Statale, tornando da Sorrento, mi è comparso davanti il campanile di San Francesco che emergeva dal groppo verde della collina su cui spiccavano tre nuvole fatte ad opera d’arte, e non avrei avuto i colori giusti per poterle dipingere. Avevano assunto una tale bellezza col rosa intenso dell’intonaco del campanile e il blu del mare, che i colori riflettendosi al cielo le coloravano. Quelle tre nuvole avevano un lato grigio perla dai bordi blu, il centro bianco panna e l’altro versante grigio intenso. Se San Pietro si fosse affacciato lo avrebbe preso per il suo Paradiso.
 
Ce n’erano poi altre, con colori più chiari o più scuri da farsi ammirare allo stesso modo delle altre, e c’era l’imbarazzo della scelta a quale versante dedicarsi. Un osservatorio unico è Moiano o ancora più su, Santa Maria del Castello. Man mano che si sale gli spettacoli aumentano! Lì le nuvole viaggiano sulla testa a velocità sostenuta, non hai tempo di ammirarle che si scompongono e si ricreano come vuole la tua fantasia. Quale scienza può fare questo se non la creatività di cui siamo forniti? Grazie al mare e alla pioggia o qualche riflesso di arcobaleno o raggio di sole impertinente, da queste parti ci sono le nuvole migliori che si possano avere. Vuoi mettere l’intensità di un cappello che si appoggia al Faito e manda giù pioggia in un raggio di pochi metri come un fungo che si libera delle spore, e cambia colore man mano che l’acqua scende e diventa leggera? Quale spettacolo può eguagliare quello di ammirare dalla costa il golfo mentre in testa passeggiano nuvole portate a spasso dal vento o illuminate da lampi che squarciano l’anima e che si lega a loro per qualche desiderio? A me piacciono quelle quando il cielo è ceruleo e le protagoniste pezzi di ovatta bianca, dalle sfumature di rosa e paglino, dalle forme bislacche che arrancano e vogliono tenersi a quel pezzo di cielo mentre il vento le incita a lasciare il cammino. Sono messe come un trofeo per l’aria e le osservi come se ti stessero portando lontano, ma non troppo, perché non lasceresti questo luogo nemmeno se le nuvole fossero nero pece o più intense di quelle sull’oceano. Eppure sulla tela sono difficili da trattare, vogliono pennellate precise, per niente appesantite, altrimenti vengono su goffe e posticce rendendo l’aria pesante. Sono le damigelle dei monti, dove si sistemano sugli alberi o sulle case, sui rivi e i cortili, i campanili nei vari casali, nei boschi e sulle torri. Fanno compagnia alle cime, colorano i tramonti, accompagnano l’alba, stazionano a mare e toccano la costa come signore a passeggio nel parco. Sanno nascondersi quando sono assonnate nelle giornate più uggiose, fanno capannelli sulle varie frazioni e si lanciano al galoppo se l’aria lo permette. Le nuvole di questo posto sono creative, sono turiste nate, frenetiche e birichine. Ma sono ancora più belle se ti metti su un prato, appena le piogge lasciano posto al vento e al sole che le combinano e le colorano e ne osservi i movimenti. Quanti cavalli al pascolo, cammelli o elefanti passano sulla nostra testa e tu li vedi, come in un film, nella savana ricca di animali o qualche tigre che vuol cadere giù. Ho visto talvolta il lupo di Cappuccetto, ma anche lupi più spaventosi come quelli che sganciano bombe facendo crollare palazzi e asili, scuole dove tanti bambini devono cercare riparo e muoiono per non averlo trovato. Questo di sicuro non è colpa delle nuvole, ma esse hanno privilegio di farci viaggiare e portarci da loro a toccare con mano lo scempio mentre qui comincia, anche se a stento, la primavera in paradiso. E si possono vedere anche scritte e locandine dove si dice di aver cura di questo paradiso e che non è vero che la guerra si fa per la pace, la guerra è guerra e dovremmo cominciare a evitarla anche solo tra le persone, tra i vicini, tra i parenti, tra fazioni, tra partiti. La guerra è diabolica e dobbiamo imparare a fare la pace. Come si farà mai? Facciamoci ispirare dalle nuvole che hanno segni e parole per noi se solo vogliamo leggerci dentro e tutto quello che di buono possono darci non è altro che quello che alberga di buono dentro di noi. Sono solo il nostro specchio e magari possiamo leggerci perfino la “pace” in un arcobaleno e se questo non è il più bel sogno che si possa fare, ditemi voi cosa ci potranno dare di più le nostre nuvole? La geografia dei sogni è tutta vicana, sogni col potere di diventare realtà. Le nuvole, vere protagoniste di questo paesaggio, che hanno tanto da insegnarci scrivendo nei cieli i nostri desideri.

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