«Oggi siamo notte e nulla». Borges la chiuderebbe così questa lunga e inarrestabile crisi napoletana. Ma Bassolino si incupirebbe. «Un giusto bilancio della mia esperienza di governo, e di quest'anno appena passato, sarà possibile solo tra molto tempo», dice impancandosi a Marco Imarisio, l'inviato del Corriere della sera autore de I giorni della vergogna. Eppure, quanti giudizi sommari sono stati emessi a Napoli? Ogni volta che hanno posato lo sguardo sul passato e fuori dal proprio recinto di classe e di partito, quelli come Bassolino hanno visto solo viceré da ghigliottinare, lupi famelici pronti ad azzannare, imprenditori con le mani sporche di speculazione edilizia. Mai un distinguo, mai una concessione a giudizi meno strumentali e apocalittici. La plebe, la borghesia posillipina e non, l'élite rinunciataria e compromessa: ogni segmento della società napoletana è stato sacrificato sull'altare della lotta politica e della insufficienza analitica. Quando non si sa che dire, a Napoli c'è sempre un borghese piccolo piccolo da gettare in pasto ai cani. E così la fiducia, che è il dato costitutivo della coesione sociale, qui è andata a farsi benedire. «La notte e il nulla», appunto. Vecchio vizio, quello di bruciare tutti i ponti alle spalle. L'antiborbonico Luigi Settembrini, all'indomani dell'Unità d'Italia, scriveva che noi napoletani paghiamo la pena di una nostra esagerazione: «Abbiamo gridato per tutto il mondo che i Borboni ci avevano imbarbarito e imbestiati; e tutto il mondo ha creduto che noi davvero eravamo barbari e bestie ». Si stenta a crederlo, ma è così che nasce il pregiudizio antimeridionale. Il più delle volte lo costruiamo in casa, con le nostre stesse mani. Incapaci di elaborare idee nuove e strategie risolutive, noi meridionali tendiamo a farci male da soli, salvo poi prendercela con i di turno: ieri i piemontesi, oggi i leghisti. Mai una sana, radicale e profonda autocritica. Quasi venti anni fa ci provò Norberto Bobbio: parlò di questione meridionale come questione dei meridionali, ma poteva un piemontese apparire disinteressato ai nostri occhi? Poche settimane fa non ha avuto maggiore fortuna uno di noi, il Presidente Napolitano: «Se non correggiamo i nostri errori non risulteremo mai credibili», ha detto. Sentito nulla? Niente. Come è noto, Bassolino e Iervolino non mollano. Berlusconi non li incalza più di tanto. Una comunione di interessi protegge gli uni e l'altro, è lo stallo in cui siamo. Più Bassolino e Iervolino sono lì al loro posto, più la sinistra italiana si delegittima e perde consensi. Da qui le imprecazioni dei sindaci del Nord, di Chiamparino, di Cacciari, di Cofferati. Ma più resta in sella, più resiste agli attacchi, più la sinistra nazionale si indebolisce, più Bassolino può regolare i conti con i suoi nemici interni, Veltroni in testa. Nel mezzo noi, che passo dopo passo, tra appalti truccati, truffe, sprechi e scandali, ci siamo ritrovati al punto di partenza. Ora è vero: i napoletani hanno eletto Bassolino e Iervolino. E tuttavia i napoletani non sono Bassolino e Iervolino. Senza questa distinzione non potrà esserci alcuna speranza. (Marco Demarco da il Corriere del Mezzogiorno)
De Luca. «Campania, basta cafoni arricchiti E chi governa deve chiedere scusa»
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