martedì 10 maggio 2016

La sindrome di Medea

di Filomena Baratto

Vico Equense - Medea è una figura mitologica ancora oggi analizzata dalla psicologia e dalla psichiatria, come madre spietata che uccide i suoi figli per punire il marito Giasone che l’ha tradita. Questi, dopo aver conquistato il Vello d’oro, anche grazie al suo aiuto, si innamora di una donna più giovane e bella di lei scatenando “l’ira funesta” di Medea, per dirla con parole “iliadiche”. Se fosse stata una donna di oggi, sicuramente avrebbe calcato gli atteggiamenti di una napoletana, verace, passionale. Medea, rapita da una furia inarrestabile di gelosia, con fredda razionalità, prima si riavvicina al marito e poi gli uccide i figli. Si riscontrano casi di cronaca dove le madri diventano assassine e subito si insorge contro di loro accusandole della più assurda violenza,e se anche questo è vero si dovrebbe capire l’origine del gesto per prevenire situazioni analoghe. Può l’amore di madre uccidere? E cosa viene prima, l’amore di madre o di donna per il suo uomo? Medea per colpire Giasone, gli uccide i figli, ferisce il suo amore paterno come lui ha ferito e ucciso il suo amore di donna. Una madre non uccide e un amore non è mai violento. Medea lo fa per gelosia, che molto spesso vogliamo come un sentimento educato, tranquillo, contenuto e gestibile. Ma non si può. La gelosia nasce con l’amore e non è vero che l’ amore non è geloso, se non lo è, non è quello vero, la gelosia è un indicatore che ci avverte che l’amore c’è. Ma come tutti i sentimenti, quando supera una certa soglia, cade nel suo opposto e diventa patologico. Quando si ferisce l’amore di donna, si lede anche l’amore di madre. Non si può essere madri serene se non si è donne serene e viceversa e questo un uomo dovrebbe impararlo.
 
L’amore materno non lo si isola dagli altri amori in una donna, tutto in una donna combacia come in un perfetto equilibrio. Quando nasce un figlio l’amore di donna si allarga, come il suo fisico e il suo cuore. Questa sua legge interiore la applica anche agli altri e, ovviamente, al suo uomo. Ma un uomo sa essere molto più razionale, non ha dovuto assistere a nessuna duplicazione nel suo corpo, non ha dovuto subire nessuna modifica e non si è dovuto staccare da nessuna creatura per farla nascere. Una madre resta sola già dopo il parto, con la venuta al mondo del suo piccolo, quando subisce la sua prima perdita amorosa, con quel figlio fuori dal suo corpo. Questi sottili meccanismi che si innescano, uno dopo l’altro in una donna, se non presi in considerazione e sottovalutati, portano a un’esasperazione della stessa situazione che può sfociare in circoli viziosi. La società di oggi chiede troppo alla donna. La vuole efficiente, bella, giovane, capace, all’altezza di ogni situazione sempre. A lungo andare non regge ai ritmi, ai cambiamenti, alle difficoltà. In un mondo dove l’amore è diventato ancora più precario, forse diminuendo le sue aspettative, ridimensionando i suoi sogni, il suo valore eterno, dove tutto è così fugace, sembra quasi che il ruolo di madre stoni in tante richieste. L’amore è unico e un essere non può provarne in modo eccessivo per una cosa e per un’altra invece ridursi all’essenziale. L’amore ha un volto solo che si moltiplica scorrendo in tanti corsi. Molti credono che esso possa finire, che una persona possa darne a uno e non a un altro e non si è capito che non è questione di erogazione, quanto di rifiuti, di abbandoni, di mancanze a mettere in allarme chi ama. Quanto più si ama più aumentano le aspettative e le esigenze e queste non vanno deluse, altrimenti si aprono voragini. Un altro aspetto poco preso in considerazione è lo stato psicologico della mamma che deve sopportare molti cambiamenti, di tono, di umore, e sul piano affettivo diventa possessiva, patologica, protettiva. Quando nasce una mamma, appena mette al mondo il suo bambino, sappiate che quella donna ha bisogno di maggiore attenzione e protezione, sta curando un nuovo essere, sta facendo quello che solo lei può fare, e va protetta. Un uomo dovrebbe saperlo e prima ancora di amare suo figlio, dovrebbe amare sua madre. Lo sdoppiamento e la suddivisione dell’amore in tanti scompartimenti ci porta a vedere gli eventi sganciati l’uno dall’altro, mentre sono legati tra loro. Medea, in un momento di follia, per una gelosia patologica, uccide i suoi figli, per vendicarsi del tradimento di Giasone. L’amore si trasforma in odio e la furia odiosa esiste là dove prima c’era amore. Medea ha ucciso se stessa e anche il suo amore per Giasone attraverso i figli, e questo è insopportabile. Togliere la vita ai propri figli è come toglierla a se stessa e mentre cercava di sdoppiarsi, si è trovata calata dentro e oltre ad essere tradita e a perdere l’amore di Giasone, ha perso tutto, anche se stessa. Così nel mito Medea uccideva i figli, oggi si colpevolizza l’altro coniuge agli occhi dei figli. Qui l’uccisione è simbolica e si cerca di distruggere il rapporto dei figli col padre. Ma a lungo andare, i figli, esposti a questi conflitti, risponderanno emotivamente in modo patologico diventando adulti con seri problemi. L’età a rischio è dai 9 anni in poi, l’età in cui il genitore cerca un rapporto privilegiato col figlio eludendo l’altro genitore, in una sorta di gara per “accaparrarsi” il suo bene, credendo di essere il genitore scelto. In questa corte si trattano i minori come fossero compagni o amici, perdendo quel rapporto originale e unico che si instaura tra genitori e figli. Lo scopo è di creare un circolo chiuso dove l’escluso è il padre, ma questo rapporto non regge, è un abuso emotivo, dove la donna mette in cattiva luce il padre con tutto un lavoro intorno di familiari e non. Con la sindrome di Medea i figli diventano oggetti su cui si riversano le morbosità derivanti dalla perdita, un vero e proprio elemento se non attore della moderna società. Si perdono affetti nella stessa maniera veloce in cui si guadagnano.

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