di Salvatore Ferraro
Vico Equense - Il 31 gennaio prossimo, come è ormai consuetudine secolare, si festeggia a Vico Equense la festa dei Santi Patroni Ciro e Giovanni, le cui statue sono trasportate dai pescatori locali, a piedi nudi, per le vie principali della città, seguite da una folla accorsa dai tredici casali di Vico Equense e dai paesi vicini per invocare protezione sulle proprie famiglie, chiedere la guarigione dai mali spirituali e fisici e rendere grazie o appendere ex-voto (per lo più di carattere anatomico).
Il culto di San Ciro è diffuso da secoli in tutta l’area napoletana, in particolare a Napoli ed a Portici, oltre che a Vico Equense, ma non tutti conoscono la storia di questi due santi, i quali, accomunati dalla fede e dal martirio, vissero nel III/IV secolo dopo Cristo ad Alessandria di Egitto. In questa celebre ed importante città, fondata da Alessandro Magno (332 a.C.), San Ciro (nome greco che significa “potente, signore “), nato verso l’anno 250 d.C., percorse un brillante curriculum di studi ed organizzò successivamente un attrezzato ambulatorio, in cui accoglieva gli ammalati.
Prestava le sue cure a tutti, ricchi e poveri, ma per questi ultimi a cui non richiedeva alcune ricompense
aveva predilezione particolare, per cui si meritò l’appellativo di anàrgiro, cioè “senza denaro, che non accetta denaro, gratuito”. In breve tempo diventò il medico più conosciuto e valente di Alessandria di Egitto, che curava non solo i corpi, ma anche le anime, giacché aiutava gli uomini a liberarsi dai mali spirituali.
Molte furono allora le conversioni operate da San Ciro, che gli attirarono l’inimicizia di altri medici e avversari, che ben presto lo denunciarono a Siriano, prefetto della città. Costretto a scappare, preferì, da allora in poi, dedicarsi alla vita eremitica in regioni desertiche, dove, attirati dalla sua fama di santità e dai miracoli operati, lo seguirono numerosi giovani, tra cui Giovanni, un soldato nativo di Edessa, in Siria.
Dopo alcuni anni di vita comunitaria Ciro e Giovanni, venuti a sapere che l’imperatore Diocleziano aveva scatenato una terribile persecuzione contro i cristiani e che nella città di Canòpo (in Egitto) erano state arrestate tre giovani fanciulle, Teotista, Teodota ed Eudossia con la loro madre Atanasia, lasciarono il deserto e vennero in aiuto delle quattro donne per incoraggiarle ed esortarle a proclamare la loro fede cristiana. Riconosciuti e denunziati, furono condannati alla pena capitale insieme alle donne e furono decapitati il 31 gennaio del 303 dopo Cristo.
I loro corpi furono trasferiti nella basilica S. Marco Evangelista in Alessandria, poi nella località di Menouthis ad opera di S. Cirillo, vescovo di Alessandria (376-444). A questo santuario giungevano pellegrini ed ammalati da tutto il Medio Oriente e persino da Roma. In seguito all’invasione araba le reliquie dei due santi furono trasferite prima a Costantinopoli, poi a Roma, dove già fioriva una colonia di Alessandrini. Il culto si era diffuso ben presto anche a Napoli, come testimonia il Calendario Marmoreo del sec.IX, conservato nel Palazzo Arcivescovile di Napoli, in quanto gli scambi culturali tra i napoletani e gli alessandrini erano molto intensi.
Da allora sino ad oggi, per oltre un millennio, il culto ai due santi, in particolare a San. Ciro, non è venuto mai meno, anzi si è diffuso nel Napoletano e nell’Italia Meridionale. Oggi è molto intenso il culto a san Ciro nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, dove è sepolto anche il santo medico Giuseppe Moscati (1880-1927).
Per quanto riguarda Vico Equense ignoriamo da quale città e in quale epoca sia giunto. I nostri antenati commerciavano con Napoli e con i paesi della Costiera amalfitana, dove il culto a san Ciro si era già diffuso e certamente, prima poco noto, dovette subentrare a qualche antico culto pagano. Sino al 1400 non abbiamo notizie sulla diffusione del nome di S. Ciro o sul culto del Santo a Vico Equense, segno che non si era ancora imposto fortemente e radicalmente nel tessuto cittadino. Nel 1486 il notaio vicano Regnabile Palescandolo indicava una piccola cappella patronato di alcune famiglie vicane, dedicata ai Ss. Ciro e Giovanni e situata al di fuori delle mura cittadine ; il vescovo Tolomeo Pentangelo (1494-1520) agli inizi del 1500 li definiva “patroni e protettori della Città di Vico Equense”; il vescovo Paolo Regio (1583-1607) si lamentava che i Vicani, pur nutrendo viva devozione nei loro confronti e pur avendoli scelti da tempo per patroni principali, non sapessero nulla della loro storia (di cui scriverà la vita).
Fino alla fine del 1600 non si conservavano a Vico Equense reliquie dei Santi Patroni, le quali, certamente per volere del padre gesuita San Francesco de Geronimo, furono donate alla nostra Città il 5 maggio 1686, al tempo del Vescovo Giovan Battista Repucci (1657-1688). Il notaio riferisce che, “essendono hore 17 in circa detto Ill.mo Vescovo, una con il clero e Capitolo e tutte le confraternità e religiosi, calorno alla marina dove li marinari di quella havevano fatto un ponte a mare lungo quanto un corpo di felluca sovra del quale avevano eretto un bellissimo altare e nella marina stava squadronata la Compagnia con apparata di molti mortaretti, e nell’apparire di una felluca della medesima marina, il detto Ill.mo Vescovo salì sopra detto ponte con altri canonici e dignità e fe chiamare me predetto notaio…Et essendo sopra detto ponte approdata la mentionata felluca con il Reverendo Canonico Don Antonio Iannello, et il diacono Gaetano Cioffi il detto canonico D.Antonio, preso nelle sue mani una cascetta tutta guarnita di argento lavorato, e chiusa e legata con una zagarella in croce con otto sigilli fatti con cera di Spagna, e tenendola nelle sue mani proruppe il silentio in questo modo: Ill.mo Signore li Reverendi Padri della Compagnia di Gesù di Napoli donano a V.a Illma queste reliquie dei Santi Ciro e Giovanni riposte dentro questa cascettina, delle quali ne ferno il presente istrumento di donazione et anco questa è la testimonianza e dichiarazione del Reverendissimo Don Francesco Verde Vicario Capitolare della fedelissima Città di Napoli d’aver pigliato dette reliquie dalli reliquiarii e Corpi Santi di S. Ciro e S. Giovanni che si conservano in detta Venerabile Chiesa della Compagnia di Gesù. Quale cascettina reposta da Monsignor Ill.mo sopra detto altare l’aprì e dentro vi erano dui cartoni involti uno con la scritta dittante “Santo Ciro” e l’altro con la scritta dittante “San Giovanni”.
Il vescovo Repucci, per ricordare questo avvenimento, ottenne dalla Santa Sede di celebrarne ogni anno l’anniversario, prima in maggio, poi nel mese di luglio ed infine, attualmente, nella quarta domenica di agosto.
Le reliquie autentiche dei due santi sono ora collocate parte in un cassettino con vetro sotto la statua d’argento di San Ciro, una pregevole opera di autore ignoto del XVII secolo, parte in un reliquiario d’argento: entrambe sono mostrate alla venerazione dei fedeli il 31 gennaio di ogni anno e portate in processione per le principali vie della Città, che da oltre tre secoli le venera, a ricordo dei due martiri orientali, prescelti dai nostri antenati quali Santi Patroni.
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