venerdì 3 agosto 2012

Si scrive spending review, si legge stangata… sulla sanità!

di Antonio Palagiano

Prima si chiamava manovra estiva, poi hanno inventato il termine spending review, parole apparentemente più raffinate o se vogliamo più snob, che comunque si abbattono violentemente sugli stili di vita degli italiani e soprattutto sulle loro tasche. Basti pensare alle regioni con disavanzo sanitario (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo, Molise e Piemonte), che già dal 2013 (anziché dal 2014) potranno aumentare l’addizionale IRPEF fino all’1,1%. La manovra interessa, infatti, pubblica amministrazione, sanità (- 6,8 Mld di euro) e scuola (ed in particolare gli studenti fuoricorso, cioè quelli già catalogati come sfigati dal Viceministro Martone e che magari fanno un lavoro precario per mantenersi gli studi). Ma come può rialzarsi il nostro SSN dopo la nuova stangata, che, sommata a quella del precedente governo Berlusconi, determina un taglio complessivo di oltre 20 miliardi di euro sulla salute? Secondo il provvedimento, che recita “Revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (sic!), entro novembre le regioni dovranno tagliare i posti letto, portandoli a 3,7 x 1000 abitanti. Nel 1985 erano 6,5 x 1000, dal 2009 già erano scesi a 4 x 1000. Eppure è ampiamente dimostrato che la riduzione dei posti letto non equivale affatto ad un risparmio, ne sono esempi lampanti la Sicilia e la Campania, che, nonostante i rispettivi 3,9 e 3,4 PL ogni 1000 abitanti, vantano un elevato disavanzo, di contro la virtuosa Emilia Romagna, in cui il SSN è in attivo, ne ha ben 4,6 ogni 1000 abitanti. Il taglio dei posti letto, inoltre, oltre ad essere inefficace, rappresenta un grave rischio per l’assistenza sanitaria in situazioni di emergenza o di acuzie, basti pensare alla chiusura dei piccoli ospedali, a cui non corrisponde alcun progetto reale di potenziamento della medicina territoriale. Infine, negli ultimi 10 anni, l’Italia ha già decurtato i suoi posti letto di 45.000 unità, a fronte di una spesa sanitaria che, nello stesso periodo, è aumentata del 62%, passando da 70 Mld nel 2000 a circa 113 Mld nel 2011.

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