Fonte: Umberto De Gregorio da la Repubblica Napoli
Il partito democratico napoletano vive una situazione di grande imbarazzo, stretto tra Cozzolino che dichiara di voler partecipare al rinnovamento avviato da de Magistris, e de Magistris che ha vinto le elezioni in modo così netto anche perché in campagna elettorale dichiarò limpidamente che mai sarebbe salito su un palco con Cozzolino. In una recente convention a Santa Maria la Nova, Andrea Cozzolino ha rimesso in discussione se stesso, dichiarando che non vuole più sentirsi chiamare “bassoliniano”. E su Facebook scrive: «Non chiamateci più con nome di sigle o di correnti, noi da oggi siamo quelli che stanno nel cantiere del Pd». Si tratta di una buona iniziativa, ma ad alcune precise e inderogabili condizioni. Il Pd sembra essere sospeso tra passato e futuro, con un presente ancora tutto da definire. Diviso tra chi viene dal passato ma vuol dimostrare di essere ancora una “opportunità”, e chi viene magari dallo stesso passato ma crede di poter apparire improvvisamente “nuovo” solo perché si adagia con scarsa convinzione sulle posizioni messianiche del nuovo sindaco di Napoli. In verità l’opinione pubblica non sembra essere molto interessata a questo dibattito interno: per trovare spazio politico e recuperare consensi, al Pd napoletano non resta che “praticare” il “nuovo”, più che invocarlo. Parole come “rinnovamento”, “discontinuità”, “voltare pagina” (e così via), appaiono logore: sono state troppo a lungo declinate negli ultimi anni all’interno di un partito che tuttavia, al di là delle parole, non ha mostrato nei fatti di saper rilanciare il suo progetto. Per recuperare credibilità il Pd deve operare su tre direzioni e in modo lineare.
In primo luogo assumendo posizioni chiare su questioni specifiche, parlando un linguaggio diretto e semplice. In secondo luogo non appiattendosi acriticamente su posizioni altrui, ma cercando di dare un contributo positivo e propositivo alla nuova stagione del governo municipale, tanto entusiasmante quanto difficile e per certi versi strutturalmente debole. In terzo luogo — e questo è forse il punto determinante — lasciando interpretare il “nuovo” corso del Pd da volti non legati direttamente o indirettamente alla stagione amministrativa appena conclusasi (di Iervolino, Di Palma, Bassolino). Soltanto volti non compromessi possono declinare con autorità e convinzione nuove stagioni politiche e assumere posizioni anche critiche e dure, ove necessario, nei confronti delle amministrazioni locali. Il che non vuol dire affatto che occorre buttare a mare tutto il passato e gli uomini che tale passato hanno interpretato. Questa è stata una tentazione insidiosa cui in molti hanno ceduto credendo in tal modo di recuperare una troppo agevole verginità. Nella storia tutto è legato, nulla nasce dal nulla, non esistono demoni e angeli. Semplicemente, come accade nelle aziende, quando si tratta di ripartire e riconquistare fiducia nei mercati, si affida la gestione dell’azienda a un nuovo “management”, senza tuttavia cambiare azionisti e licenziare tutti i dipendenti. Le recenti primarie hanno evidenziato come i protagonisti di una stagione oramai datata non sono stati capaci di trovare un punto di incontro e di conquistare consensi in modo sereno. Per andare avanti occorrono assolutamente nuovi protagonisti; perché tentare di interpretare una nuova scena con gli stessi attori equivale a condannare alla ghigliottina un moribondo. In questo quadro occorre interpretare positivamente e costruttivamente il messaggio lanciato da Andrea Cozzolino e i suoi uomini. Ignorarlo, come tende a fare una parte del Pd, o respingerlo, sarebbe un errore. Mezzo partito è stato, sino a ieri l’altro, legato alla stagione politica ventennale di Antonio Bassolino. Tanti uomini e donne hanno partecipato a un percorso tortuoso che ora si è concluso. Uomini e donne che non sono da demonizzare, che possono contribuire a una nuova stagione politica con la loro esperienza ma allo stesso tempo facendo tesoro degli errori commessi. E essenziale tuttavia che gli attori protagonisti della nuova stagione siano persone diverse e non compromesse con il passato. Se non emergeranno, ne subirà un danno tutto il Pd e tutto il territorio, che non può rinunciare al contributo determinante, come forza di opposizione o di maggioranza, del più grande partito del centrosinistra, ancora radicato storicamente sul territorio. Un territorio difficile da gestire e con problemi enormi da risolvere: non esistono bacchette magiche, come stanno sperimentando Caldoro, Cesaro e nei primi giorni del suo mandato lo stesso de Magistris.
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