Oltre il 50% delle aree costiere trasformate per sempre dal cemento.
Dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, cancellati 29 chilometri di coste
Le coste campane sono sotto costante minaccia. Gravemente malate preda e bottino della speculazione edilizia e di progetti insostenibili che ne sta cambiando irreversibilmente i caratteri. Su 360 km di costa campana sono 181 quelli urbanizzati, oltre il 50%. Tra il 1988 ed il 2011 sono stati complessivamente 29 i km di coste cancellate, di cui 22 i km di costa trasformati per usi residenziali e turistici mentre 7 km hanno visto interventi di artificializzazione legati alle infrastrutture portuali ed alle aree industriali. È quanto emerge dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che analizza Regione per Regione il consumo delle aree costiere attraverso un lavoro di analisi e confronto delle foto satellitari. Scatti che hanno permesso di riconoscere le aree dove è stato cancellato in modo irreversibile il rapporto tra mare, paesaggi naturali e agricoli.
E i dati che emergono sono estremamente preoccupanti: Su un totale di 360 km di costa, da Sapri a Baia Domizia, escluso le isole, oltre la metà del territorio, precisamente 181 km, risultano urbanizzati, oltre il 50%. Tra il 1988 ed il 2011 sono stati 22 i km di costa trasformati per usi residenziali e turistici mentre 7 km hanno visto interventi di artificializzazione legati alle infrastrutture portuali ed alle aree industriali, per un totale di 29 km. Ciò che è avvenuto negli anni successivi al 1988, soprattutto tra Agropoli e Salerno e tra Varcaturo e Baia Domitia, ha provocato danni irreparabili su un paesaggio costiero di immenso valore. Ma sono ancora tanti i tratti di costa di pregio a rischio e che andrebbero tutelati: tra Caprioli e Marina di Ascea, tra Marina di Casal Velino e Acciaroli, tra Agropoli e Torre Piacentina o ancora di più litorali come il Lago di Patria e la Riserva Naturale di Castelvolturno. All'assalto del cemento sono sfuggiti solo 162 km di litorali, ma la ragione della loro salvezza risiede nel profilo roccioso e nella loro peculiare morfologia che rende complicata l'urbanizzazione. Il 30% delle aree costiere campane è all'interno di aree protette e quindi sottoposto a vincoli di salvaguardia, almeno in teoria, nella pratica infatti, anche in queste zone sono avvenute in questi anni diverse trasformazioni edilizie.
“La fotografia scattata da Legambiente- denuncia Anna Savarese, vicepresidente Legambiente Campania- evidenza un quadro preoccupante, una deriva pericolosa che non trova, al momento, per il malato una cura efficiente ed efficace.
I paesaggi costieri sono un patrimonio che la Regione Campania deve consegnare al futuro, cambiando attenzioni e politiche nei confronti di una risorsa estremamente fragile e a rischio. La prospettiva da scongiurare è che litorali, baie e spiagge vengano progressivamente divorate dal cemento e che il territorio costiero campano venga completamente reso artificiale. Ma la cura prevista dalla Regione rende il malato ancora piu' grave: basta pensare al disegno di legge "Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania" in discussione al consiglio regionale, un provvedimento che provocherà il più grave stravolgimento sino ad ora tentato della disciplina paesaggistica. Un tentativo di indebolire i vincoli ambientali che stravolge di fatto i principi di legalità di sanzione e riparazione, un provvedimento inutile e dannoso, con aspetti sostanziali di incostituzionalità, che piuttosto che favorire la salvaguardia spiana la strada ad ulteriori abusi. Quello di cui c'e' bisogno in Campania è un efficace politica che argini il consumo di suolo e responsabilizzi le amministrazioni locali ed i cittadini verso un uso sostenibile e lungimirante del territorio, come bene comune, risorsa unica e non rinnovabile.”
Su queste aree- denuncia Legambiente- occorrerà nel prossimo futuro fermare in ogni modo ogni ulteriore avanzamento del cemento per tutelare i paesaggi agricoli e naturali in tutta la regione e difendere le coste da fenomeni connessi al consumo di suolo quali il dissesto idrogeologico e l'erosione costiera. Anche su questo fronte, la Campania non presenta dati positivi. Il sistema costiero della regione è costituito per il 53% da coste alte e per il 47% da coste basse. Di queste ultime circa la metà, cioè 102 Km, non è stabile ed è per buona parte, circa55 Km, soggetta a fenomeni di arretramento»
“ Altra minaccia – commenta Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania - incombe sulle nostre coste: circa un milione e duecentomila tonnellate di massi da movimentare, corrispondenti in pratica ad una collinetta di circa cento metri di altezza che sparirà dall’entroterra. Massi che verranno distribuiti su trenta chilometri di litorale per realizzare 45 pennelli, cioè massicciate che dalla riva si proiettano a mare per circa 150 metri, di cui oltre la metà sporgenti dal livello sia dell’acqua che della riva per un metro e mezzo e 4 celle costituite da pennelli e barriere parallele soffolte di chiusura in mare. Sono i numeri del progetto “Interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno”, cioè l’artificializzazione di decine di stupendi chilometri della costa salernitana, che Regione Campania e Provincia di Salerno propongono quale risposta ai processi di erosione costiera. E davanti a questi numeri la Provincia e Regione corrono imperterriti, senza porsi adeguate domande su quale sarà l’efficacia e soprattutto quali saranno gli impatti di questo massiccio intervento Questo sebbene l’Autorità di Bacino Destra Sele ha eccepito su alcune rilevanti “incongruenze” di progetto, come pure il Nucleo di Valutazione e Verifica degli investimenti Pubblici della stessa Regione che ha espresso “parere non positivo” sul progetto. Si tratta – conclude Chiavazzo- di un ponderoso intervento che va assolutamente rivisto e meglio calibrato su quest’area che presenta tratti di grande pregio. L’erosione costiera deve essere affrontata con interventi sostenibili”
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