di Luciano Pignataro
Vico Equense - E così Gennaro Esposito e Salvatore La Ragione hanno portato una stella anche a Capri arricchendo ulteriormente l’Isola che già ne vanta due al Capri Palace e una al Riccio. «Gennaro mi ha fatto diventare bianchi i capelli – scherza Salavatore – prima dell’esperienza a Capri era tutti neri». Già, perché una cosa è restare in cucina e interpretare non solo i protocolli ma anche le intuizioni dello chef, altra è gestire in prima persona una situazione importante come Mammà a Capri, dove «Se si presenta uno a mezzanotte e chiede lo spaghetto al pomodoro o una amatriciana glieli devi fare e pure molto bene».
Gennaro, classe 1970, e Salvatore, classe 1977, sono praticamente da sempre insieme. «Anzi, io sono da prima di Gennaro – dice Salvatore – perchè stavo in sala nel locale del papà di Vittoria mentre studiavo ragioneria e poi ingegneria informatica». Nel 1991, a soli 21 anni, Gennaro aprì la Torre e iniziò una gavetta durissima, in località dove si era abituati alla ristorazione usa e getta della domenica.
Poi si forma il nucleo d’acciaio, con Vittoria Aiello impegnata a fare i dolci, Salvatore in aiuto in cucina dopo un periodo di sala e Ciro Di Gennaro come maitre. Una continua rincorsa «a un sasso lanciato sempre più lontano delle nostre possibilità» dice Gennaro. Sin dalle prime battute occhio alla qualità, prezzi un po’ più alti e clientela che contrattava il conto.
Poi lo stage di quattro mesi da Vissani, che gli ha cambiato la prospettiva: «In quel periodo, da noi la cucina era basata su pochi elementi, dentice, orata, polpo, spaghetti, vongole. A Baschi ho imparato invece la ricchezza che si può portare a tavola e quando sono tornato ho visto le nostre zone più ricche che mai». Nascono così la famosa parmigiana di pesce bandiera e i mille piatti con pesci dimenticati, ortaggi scomparsi, carni di quarta scelta.
Gennaro e Salvatore, Salvatore e Gennaro. Un binomio perfetto, una intesa che non ha bisogno di briefing, due ragazzi diventati uomini senza mai aver fatto un solo giorno di vacanza nella vita. «Il mio problema è stato sempre quello di portare risorse in questo locale per poterci garantire il massimo».
Le cose iniziarono a girare dopo Vissani. Fu Pietro Gargano, caporedattore del Mattino e allora ispettore della Guida Espresso diretta da Raspelli, a scrivere per primo della Torre. Era il 1997. Poi la Cucina Italiana: «Partimmo la mattina, facemmo il servizio fotografico e la notte tornammo. Non sapevo nulla di questo mondo, fatto sta che a poco a poco la strada è iniziata in discesa: prima stella nel 2001, seconda nel 2008.
E poi lo stage da Ducasse: «Qui ho capito la cultura del mestiere che da noi in Italia ancora non esiste. Ti dicevano tutto quello che dovevi fare. In Francia impari davvero cosa è il lavoro di cuoco». Poi ancora un sasso in avanti, la sfida di Mammà a Capri. Forse più facile aprire a New York. E qui Gennaro e Salvatore danno il meglio, rispolverano la cucina dei primi tempi, quella post vissaniana, calibrano il prezzo a un livello accettabile e spopolano a due passi dalla Piazzetta fino a conquistare la stella con la Guida Michelin 2015 presentata una settimana fa.
Rimpianti? «No». Amarezze? «Certo, quando ci dicono che siamo degli eroi. Io non volevo e non voglio esserlo, desidero solo cucinare. Come si dice: beato il Paese che non ha bisogno di eroi».
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