Vico Equense - Le cooperative edilizie, realizzate in via Le Pietre, sono al centro di una lunga e intricata vicenda giudiziaria, che oggi si arricchisce di un nuovo colpo di scena. Fare una breve sintesi senza entrare in eccessivi tecnicismi, non è facile. Una battaglia a colpi di ricorsi e appelli che si trascina dal 1976, quando l’amministrazione dell’epoca realizza su di un terreno le Cooperative L’Ulivo e Domus Aequana, abitazioni in regime di edilizia convenzionata. Il proprietario del suolo impugna gli atti ma le Cooperative, il Comune e la Regione procedono comunque alla realizzazione delle case e alle assegnazioni. Tar nel 1988 e Consiglio di Stato nel 1999 dichiarano illegittimi tutti gli atti, che così vengono annullati e il proprietario porta il Comune in giudizio per il risarcimento. La Corte di Appello civile nel 2011 condanna l’ente pubblico al risarcimento per una somma particolarmente alta: 4 milioni e 200 mila euro. La decisione è poi confermata anche in Cassazione. Nel 2011 interviene una norma che consente di regolarizzare situazioni come questa. Si chiama acquisizione sanante: significa che si sana a partire da ora l’irregolare acquisizione del suolo dove sorgono gli immobili. L’ uso del suolo oggi non è più senza titolo e quindi non si deve più al proprietario un risarcimento – che è legato ad un fatto illecito – ma un indennizzo globale, dal valore economico calcolato secondo legge. Il consiglio comunale ha deliberato, sulla base della norma, che le case realizzate irregolarmente rispondono ad un fine sociale di particolare rilevanza, e per tanto devono essere conservate acquisendo il suolo dal privato ex nunc con un indennizzo pari a 620 mila euro.
La legittimità della procedura di acquisizione sanante, adottata dal Comune, ha superato con esito favorevole il giudizio del Tar e del Consiglio di Stato. Il provvedimento di acquisizione è stato avviato nel 2011 ma concluso dal Comune il 6 novembre 2013. Nel frattempo, però, il 9 ottobre 2013, si è pronunciata la Corte di Cassazione che ha confermato la tesi della Corte d’Appello. Pertanto l’avvocato Lauro si è rivolto al Tar per ottenere il risarcimento dall’amministrazione comunale. E i giudici di Piazza Municipio gli hanno dato ragione. A sborsare quelli che sono diventati, con gli interessi, 4 milioni e 189.433,17 euro è stato il Comune che però, con le sentenze emesse dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, adesso potrà rivalersi sui soci delle cooperative per lo stesso importo. Il Comune - evidenziano i Giudici, - sostiene tali costi in nome proprio (il diritto di proprietà è trasferito dal patrimonio del privato a quello comunale), ma nel precipuo interesse del privato assegnatario (il diritto di proprietà è successivamente ceduto dal Comune agli assegnatari), allo scopo di impedire l'effetto restitutorio, altrimenti inevitabile in base ai giudicati di annullamento degli atti ablatori. “Gli appellati – scrive il Consiglio di Stato - non possono dunque fondatamente pretendere che quanto è stato pagato al signor Lauro rimanga a carico del bilancio comunale.”
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