di Filomena Baratto
Qualche giorno fa, durante la presentazione di un libro, mi chiama un’amica che, arrivata in ritardo, non riusciva a capire dove si svolgesse l’evento. Si trovava in strada. Le ho detto di aspettarmi, sarei scesa a prenderla. La mia amica non è completamente autonoma nella deambulazione. Si serve del bastone per mantenere l’equilibrio e acquisire maggiore sicurezza nei movimenti. È da qualche anno che presenta questa difficoltà, per cui si muove solo se accompagnata. Ero felice di averla portata all’evento. Mi accingevo ad accompagnarla alla scala per salire, quando si è bloccata indietreggiando: non avrebbe mai potuto. La rassicuravo dicendo che l’avrei aiutata, sorreggendola fino a sopra. Poi mi sono girata a guardare anch’io la gradinata e mi sono fermata. Ma non volevo mollare, a tutti i costi l’avrei portarla su, uno scalino per volta, ma lei categoricamente ha detto no, ne avrebbe risentito in serata alla schiena. Era un paradosso: la presentazione su, a pochi metri, e lei che non poteva accedere alla sala. Se solo ci fosse stato l’ascensore o una portantina, un montacarichi per tirarla su… Se solo qualcuno fosse venuto in nostro aiuto con qualche escamotage a uscire da quell’assurdo blocco davanti alla ripida salita. Ho dovuto accettare anch’io l’impossibilità a farla salire e lasciare che tornasse a casa accompagnata in auto. Dopo che è andata via, sono rimasta lì per qualche minuto, incredula. Ho guardato anch’io quella scala ripida come un nemico che aveva precluso alla mia amica di partecipare alla presentazione.
Si dà per scontato che chi non è autonomo debba starsene fermo, come fosse una statuina. Se poi si tratta di un evento culturale, ancor di più si pensa che una persona impossibilitata a muoversi ne possa fare a meno. Guardando quella scala non era difficile prevedere quante difficoltà poteva incontrare anche solo una persona anziana o uno non perfettamente in forma, o solo momentaneamente impedito. Si possono dare tante risposte, da quella che dice che non era un posto adatto per chi non può deambulare, a chi dice che quando è stato costruito lo stabile non erano in vigore le leggi odierne per le barriere architettoniche, a chi obietta che a questo punto si doveva scegliere una location accessibile a tutti o che bastava prenderla su una sedia e portarla su in quattro. Intanto quel suo ritornare a casa è stata una sconfitta per me e per tutti. Quale diritto abbiamo di stroncare l’entusiasmo a una persona che merita di continuare la sua vita anche in condizioni non favorevoli? Quando si costruisce un palazzo, bisogna ricordare che sarà abitato e frequentato da fasce di età diverse e pertanto tutti devono potervi accedere. E fa ancora più male vedere gente che non si muove, pur essendo in forma, mentre altri, immobili, si danno un gran da fare come fossero in perfetta forma. Molti, con un po’ di pioggia non escono da casa, altri scambiano un po’ di vento per un tifone, la mancanza di sole come la fine del mondo, se non portati in auto non sanno come spostarsi, se non hanno l’amica o l’amico del cuore accanto non vanno neanche al bagno, se non si tratta di farsi quattro risate, non si scompongono nemmeno per la mamma. Tutte assurdità rispetto a chi agisce come se stesse nella sua forma migliore pur avendo mille problemi da affrontare fisicamente, mostrando entusiasmo e voglia di partecipare a un evento, di vedere gente, di stare con gli altri. Ma non riusciamo a capire e affrontare un problema se non ci accade in prima persona. Le realtà altrui sono esterne a noi e pertanto non esistono, mentre continuiamo a parlare di cultura. Tutti usano questa parola con notevole superficialità come se fare cultura allontanasse da atteggiamenti discutibili e ci chiudesse in una gabbia dorata. Cultura è non lasciare nessuno indietro, non occupare sempre i primi posti per dire Io, Io, non credere che ci salvi dal non aver risolto problemi, non conoscere il nostro dirimpettaio, non aiutare chi da noi si aspetta una mano o ignorare molte cose per convenienza. Mi è rimasta l’immagine della mia amica delusa a partecipare all’evento smorzando quel sorriso ed entusiasmo di quando era arrivata così sorridente. Eppure la legge è chiara quando dice di “rimuovere gli ostacoli che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque e in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea”.
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