domenica 14 settembre 2008

Il giovane sorrentino morto per Salò

Sorrento - Sto seguendo le polemiche sulle dichiarazione del ministro La Russa per l’apprezzamento verso i giovani della Repubblica di Salò. Ho avuto un cugino di mia madre che, nel 1943, viveva in Francia, entrò in Italia e si arruolò, volontario, nel gruppo di Borghese e combatteva nel Veneto, fu catturato dai partigiani i quali per avere notizie circa i suoi compagni che lottavano con lui, si chiuse in un legittimo silenzio, fu seviziato e torturato, prima di essere barbaramente ucciso. Prima di morire scrisse una lettera ai genitori, che vivevano a Sorrento, nella quale comunicò che sarebbe morto, affermando che si sacrificava per la patria e resisteva alle torture perché doveva essere fedele ad un giuramento e voleva dimostrare come morivano i giovani che avevano una «fede». Perché non si dovrebbe ricordare anche chi, cresciuto in un’atmosfera in cui viveva l’Italia, aveva creduto in buona fede e senza alcun vantaggio economico aveva resistito fino al sacrificio? Forse bisogna ricordare solo coloro che dopo di aver inneggiato al fascismo, facendo conferenze «sull’imperialismo italiana nel Mediterraneo, mare italiano» e poi, dopo il 25 luglio 1943, «convertiti» alla DC sono diventati assessori e sindaci? Chi ha una fede, e per lei si sacrifica, comunque dovrebbe essere ricordato. La gioventù è fatta di fede e di sacrifici e va rispettata. (Nino Cuomo lettere al Mattino)

Fini: "La destra si riconosca nell'antifascismo"

1 commento:

Anonimo ha detto...

I fascisti erano sono e saranno sempre fascisti, qualsiasi sia la forma sotto cui si presentano. E il fatto che gli si sta consentendo di tirare di nuovo la testa fuori dal sacco è un brutto, bruttissimo affare