Angelo Giusto, presidente della commissione Sanità: voci e indiscrezioni a parte che attendono conferme o smentite c’è poco da stare allegri? «Il pianeta sanità è stato trasformato in un formidabile generatore di affari e clientelismo. Rispetto a questi sintomi occorre una diagnosi e una terapia. Consapevoli di dover difendere con le unghie un bene prezioso, il più universale dei diritti, una Sanità pubblica e per tutti. Non sempre la salute delle persone è stata al centro delle politiche sanitarie. Spesso si è usata la sanità più per costruire consenso elettorale che per curare le persone». Questa logica cosa ha prodotto? «La proliferazione delle strutture, con 140 ospedali, di cui 72 pubblici, e un eccesso di primari, a volte senza posti letto. Non c’è stata alcuna logica di programmazione. Per questo vi è una provincia con meno di un milione di persone che ha saputo ”pretendere e costruire” ben 18 ospedali. Un ospedale di eccellenza come il Monaldi con circa 850 posti letto è dotato di circa 30 primari, mentre l’università con uguali posti letto ha circa 180 primari. Una regione da cui partono ogni anno almeno centomila persone per farsi curare fuori si presenta con un pessimo biglietto da visita». E intanto il pubblico non riesce a garantire neppure servizi essenziali. «Infatti si è consentito che dialisi e riabilitazione fossero appaltate quasi totalmente ai privati. In Campania vive oltre un milioni di ultrasessacinquenni ma non esiste una struttura dedicata in cui possono essere curati gli anziani. C’è un contesto all’interno del quale l’aspetto specificamente sanitario, quello finanziario e quello sociale si intrecciano, condizionandosi reciprocamente e determinando situazioni di fatto assai complesse». La terapia qual è? «Il bisogno di salute richiede processi di integrazione tra risorse, servizi, competenze sanitarie e competenze sociali. Gli ospedali devono essere propriamente adibiti alla cura delle fasi acute, i cittadini le cui affezioni non rientrano in questa fattispecie hanno bisogno di presidi territoriali all’interno dei quali i medici di medicina generale possano lavorare insieme ed essere affiancati da infermieri e operatori del sociale, dove si possa disporre di strutture per la diagnostica e di una rete informatica efficiente. Occorre potenziare le cure domiciliari, così come avviene nei paesi più evoluti». Il sistema delle Asl, così com’è, è ancora attuale? «Sarebbe auspicabile procedere finalmente all’accorpamento del territorio provinciale in una unica Azienda (per Napoli tre aziende: area urbana, Napoli est e Napoli ovest), lasciando le funzioni di elezione agli Ospedali di rilievo nazionale. L’Azienda territoriale potrebbe gestire in maniera centralizzata le prenotazioni e le liste d’attesa controllando l’offerta delle prestazioni e la loro appropriatezza, esaltando il ruolo dei medici di medicina generale anche al fine di meglio individuare il percorso terapeutico e prevenire l’uso eccessivo o non appropriato di prestazioni specialistiche e di attività diagnostica». È più pessimista o ottimista? «Non si tratta di essere nè pessimisti nè ottimisti. Dipende tutto dalla politica, dal coraggio delle scelte. È evidente che non si può reggere più un modello che produce più di mille miliardi di debito ogni anno. La spesa allegra, le nomine per incapaci, la disorganizzazione devono essere spazzate via». (p.mai. il Mattino)
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