mercoledì 17 settembre 2008

PD, il partito che non c'è

Forse soltanto nelle ultime stagioni della Prima Repubblica si erano verificati episodi sconvenienti analoghi a quelli (tesseramenti fasulli, scambi di tessere) che, di recente, hanno «turbato» la vita del Pd in Campania. Polemiche aspre, continue dichiarazioni stravaganti, talvolta banali e ingenerose, frasi gridate per stupire o per suscitare l'attenzione da parte della stampa locale: tutto ciò è diventato una sorta di collante ideologico di un partito inesistente, che, dopo la severa sconfitta dell'aprile scorso, non riesce a definire un progetto, anche minimo, a disegnare una politica, a lavorare per costruire una propria identità. Dichiarazioni si susseguono a dichiarazioni, per lo più in vista delle elezioni prossime venture, che, in vero, bisognerebbe affrontare non solo con proposte credibili e praticabili, ma con un personale politico del tutto diverso e distante da quello attuale. In questo scenario, intanto, scopriamo che Nicolais e Iannuzzi, e, con loro, tanti dirigenti periferici del partito sono delle anime morte, che si aggirano (e non decidono nulla) nelle stanze vuote di segreterie disabitate; mentre Bassolino, ripetendo stancamente la solita lunga teoria di buone intenzioni, annunzia la sua nuova palinodia (resterà pervicacemente fino al 2011), la Iervolino non vuole portarsi fuori dalla logica del «non vedere », e molti altri inventano stravaganti proposte relative a improbabili liste civiche o a fantasmatici modelli impolitici. Si tratta, è evidente, di proposte estemporanee, animate sovente da motivazioni rancorose, che si configurano piuttosto come giochi maldestri. Ha ragione il sindaco di Ercolano, Nino Daniele, uno tra i pochi politici veramente preoccupati della deriva in cui il centrosinistra campano sta precipitando, quando ricorda che certi atteggiamenti stravaganti sono il contrario della politica, la quale esige, tra l'altro, uno stile rigoroso, un linguaggio controllato e anche severo. Siamo, dunque, giunti a un punto di non ritorno? Eppure, la situazione di grave crisi, sociale, culturale, istituzionale, che si era determinata nella nostra regione, all'indomani della sconfitta elettorale dell'aprile scorso, poteva, anzi doveva, essere l'occasione per dar vita a un moderno soggetto politico, per costruire una nuova classe dirigente del centro sinistra. Invece, brancolamenti, mediocri trovate pubblicitarie. Nel Pd prevale un continuo e spesso volgare scontro correntizio, che nessuno avrebbe mai immaginato. Bassolino cerca protezioni istituzionali in Berlusconi, il quale sta lucidamente operando per logorare del tutto quel che resta del «grande sogno rinnovatore » del centrosinistra meridionale. Che fare? Attendere, continuare in questo gioco al massacro, immaginare svolte improbabili o cominciare ad agire in maniera diversa? Per il Pd potrebbe essere più utile e conveniente mettere tutto in discussione, cominciare daccapo, impegnandosi, intanto, per la realizzazione di un programma minimo (per il tempo che resta), al fine di creare le condizioni per una sua autentica «fondazione ». È necessario, però, che si ritorni alla politica. Ma non tutti sanno che cosa questo «ritorno» comporta. Aldo Trione da il Corriere del Mezzogiorno

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