I timori del segretario generale della Cgil Campania, Franco Tavella
Fonte: Metropolis
Dove non si muovono
le banche e i canali di finanziamento
lecito falliscono, subentra
“in picchiata” la criminalità
organizzata. Che oggi più che
ai fa da sistema bancario “alternativo”.
Dando alla camorra
l’opportunità di riciclare velocemente
grandi quantità di denaro
sporco, che viene fagocitato a
ritmi impressionanti da sempre
più aziende che, divorate dalla
crisi, cercano affannosamente liquidità.
Liquidità che viene loro
negata dagli istituti di credito.
“L’allarme lanciato ieri a Salerno
dal Procuratore Generale
Lucio Di Pietro, in occasione
dell’inaugurazione dell’anno
giudiziario, va raccolto. Da
tempo, infatti, anche la Cgil ha
denunciato il rischio che la crisi
possa determinare un salto di
qualità delle organizzazioni
criminali, le uniche in grado
di disporre della liquidità necessaria
per immettersi sul
mercato e risolvere situazioni
di crisi. E’ ora di porre rimedio
con decisione e interventi mirati
ad una situazione che rischia di
inquinare in maniera irrimediabile
l’economia salernitana”. E’
quanto sostiene, in una nota, il
segretario generale della Cgil
Campania, Franco Tavella.
Secondo Tavella, “da una parte
c’è la debolezza di alcune
aziende che hanno problemi di
liquidità e di mercato derivanti
dalla crisi, dall’altro ci sono le
organizzazioni criminali che
hanno necessità di spendere e
riciclare danaro sporco”.
“E’ necessario
che tutti, dai sindacati
alle associazioni imprenditoriali,
dai partiti politici alle istituzioni,
garantiscano la massima vigilanza,
in particolare nei settori più
esposti, affinché la pervasività
dei clan sia frenata. L’influenza
della criminalità, infatti, non è
un fenomeno che riguarda solo
le grandi aziende, ma anche le
piccole attività al dettaglio, fino
alle imprese di carattere familiare, che vengono rilevate
senza scrupoli e con metodi
violenti”.
Il rischio, dunque, come era
già stato fatto rilevare da
più parti, è che l’apparato
ecomomico della criminalità
organizzata si sostituisca
in tutto e per tutto a quello
bancario “ufficiale”. I clan
hanno fondi in quantità e
poche “pastoie burocratiche”
(si fa per dire...). La loro voglia
di investire è pari solo alla loro
necessità di ripulire il denaro. E
i soldi che offrono alle ditte in
difficoltà, per entrare in compartecipazione,
o addirittura rilevare
intere aziende, appaiono
spesso come “salvagente” da
afferrare al volo.
Un rischio, quello dell’inquinamento
“profondo” del mercato,
che è sempre più presente.
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