Fonte: Ottavio Ragone da La Repubblica Napoli
Era novembre, cinquant'anni fa. Gli Who lanciavano My Generation. Una scossa di pura energia. «Why don't you f-f-fade away?», perché non sparite tutti?, cantava Roger Daltrey, inoculando rabbia vera in un finto balbettio d'artista. A Napoli ci sono generazioni che non hanno nemmeno balbettato la loro canzone, perché non hanno mai potuto cantarla. Le possibilità per i giovani sono poche, in una società che tende a tagliare fuori, più che a valorizzare le capacità. Il merito, quando emerge, richiede una enorme fatica individuale e un carattere tosto. In Italia va cosi e a Napoli nel Mezzogiorno - ancora di più. L'esclusione genera frustrazione, sfiducia che spesso diventa avversione. Una lontananza dalle istituzioni e dalla politica. La contrapposizione al "mondo dei garantiti" talvolta alimenta sciami ostili sui social, talaltra manifestazioni di piazza. Oppure silenzio e delusione, che è molto peggio. Se guardiamo alle prossime elezioni comunali a Napoli, questa lontananza si avverte ancora di più. «Chiunque sia il candidato non cambierà nulla». «Nessuno ci tutela». «Non so neanche chi si candiderà, cambia solo il nome ma i problemi restano uguali». «Non vale la pena di andare a votare». Sono solo alcuni pareri raccolti da "Repubblica" tra studenti, precari e lavoratori al di sotto dei trent'anni. Donne e uomini che ci si ostina a chiamare ancora ragazzi, per confinarli più facilmente nel recinto degli irrisolti. Sono ragazzi, si dice, hanno tempo.
A trent'anni? A venticinque? Quanto tempo? Per quanto tempo ancora? I "ragazzi" napoletani spesso nemmeno sanno chi aspira a diventare il sindaco della terza città italiana. È come se la scelta non li riguardasse o li investisse solo da lontano. Non si sentono parte della discussione, semmai la evitano. Ascoltano discorsi che non capiscono e di cui quasi mai sono l'oggetto vero, al di là della retorica giovanilistica. La "narrazione della politica" è un problema davvero serio e urgente. Investe in primo luogo gli addetti ai lavori, parlamentari, sindaci, consiglieri comunali, i partiti o quel che resta di essi. Non di rado usano una lingua che non comunica. Ma anche chi fa informazione rischia di cadere nello stesso errore. Può trasmettere un messaggio indecifrabile. Un puro suono che non arriva a destinazione. Senza un linguaggio nuovo, diretto, chiaro, aperto; senza un confronto legato alla sostanza dei problemi, alle competenze, ai progetti concreti e realizzabili nell'interesse generale; ebbene, così la discussione e le scelte finiscono per riguardare sempre gli stessi, negli stessi ambienti, tagliando fuori tutti gli altri. Convegnistica. Circoli chiusi che si parlano addosso. La politica deve certamente ascoltare una parte essenziale della società. Ben sapendo, tuttavia, che questa ha già robusta voce in capitolo. E gli altri? I giovani? I precari? I meno garantiti? ÑÛ parla con loro? Come? Per dire cosa? Luigi de Magistris si pose il problema prima degli altri, almeno sul piano della comunicazione via web. Nelle piazze che lo festeggiavano quando indossava la bandana ballavano molti ragazzi. La vittoria del sindaco fu legata a molti fattori, soprattutto agli errori altrui, ma fu anche il frutto di una spinta giovane. Che fine hanno fatto quei volti? Ci sono ancora, ma solo in parte. Tanti sono rimasti delusi, tanti de Magistris li ha persi per strada e sta cercando di recuperarli sparando alla luna, in piena campagna elettorale: uno contro tutti, il sindaco di strada e i "poteri forti". Lo ha fatto ancora ieri, schierandosi frontalmente contro gli industriali su Bagnoli. E i Cinque Stelle? Stavolta tocca a loro, si dice. Sono già il primo partito in città. Ma sapranno intercettare le voci di una generazione tagliata fuori? La rabbia diventerà proposta? Con quali candidati? Una grande forza non spesa trasmette un'idea di inconcludenza. Poi c'è Antonio Bassolino, con i suoi 68 anni. L'età non conta nulla se si hanno buone idee.
Soprattutto fresche. Ma vedere impantanato il Pd nella lotta tra "bassolinismo" e "antibassolinismo", rinchiuso in un lessico politico antico e indecifrabile per chi ha meno anni e più aspettative, può essere un errore fatale. Renziani della prima ora, renziani convertiti, anti-renziani. Ex comunisti divisi da sempiterno odio, ex democristiani riverniciati. Questo mondo, se non alza lo sguardo lasciandosi alle spalle un passato che non passa, parla solo a se stesso. n Pd, dalla sconfitta con de Magistris a oggi, non ha saputo costruire un'alternativa. Cerca affannosamente un candidato da contrapporre a Bassolino negli ultimi mesi utili prima del voto, ma non l'ha fatto nei cinque anni precedenti. Non ha mai avuto uno scambio vero con la città. Non ha seminato ne si è lasciato contaminare. In questo vuoto si è inserito l'ex sindaco. E, prima ancora, Vincenzo De Luca alla Regione. S'è imposto da solo, con i suoi limiti. Su di lui grava ancora l'incognita della legge Severino. Eppure ha vinto. Sono tornati in sella i sindaci del '93 e non solo qui. Una certa Napoli è già morta e una certa politica non se n'è accorta. La città si arrovella da vent'anni intorno ad alcuni archetipi progettuali, sempre gli stessi dal 1993. Bagnoli, Napoli Est. Un dibattito infinito, quasi un tormentone dentro schemi antichi e ormai insufficienti. Stavolta vincerà chi saprà davvero voltare pagina. Energie fresche, progetti radicalmente innovativi in un orizzonte europeo, con il posto che spetta a Napoli. Cultura, arte, web e ricerca non valgono meno degli affari immobiliari. Bassolino è il primo a saperlo e si è già messo su questa strada. Fiuta l'aria come nessun altro. Ma ha poco tempo e molta cammino da fare. Se la forza impiegata per girare a vuoto intorno ai grandi temi urbanistici fosse stata spesa in progetti più semplici e utili, la città avrebbe più posti di lavoro e meno criminalità. Bagnoli, Napoli Est. Il masterplan del governo. È importante che si cominci finalmente a fare qualcosa in quelle aree. Ma è tutto qui? La politica e gli imprenditori non hanno nient'altro da proporre in questa città dopo vent'anni? A quale Napoli stanno parlando? «Why don't you fade away», perché non sparite tutti?, cantavano gli Who. Nessuna forza politica vuole questo mentre si avvia alle elezioni, giusto?
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