«Una brava famiglia, ma loro due erano tipi strani»
Fonte: Francesco Romanetti da Il Mattino
Piano di Sorrento - Via Piano è una piccola strada che si inerpica alle falde del Monte Vico Alvano. Quassù è un pezzo di paradiso. Giù in fondo il mare, in alto la sagoma imponente della montagna. Alle narici arrivano profumi di limoni e di muschi umidi, che si arrampicano sui muri di tufo che costeggiano i terrazzamenti dei piccoli poderi. Intorno alberi d'ulivo, limoneti e qualche noce. C'è un grande silenzio. Una grande pace. Si sentono solo i cani che abbaiano. Il cancello della grande casa al numero 3 di via Piano è fatto da sbarre di ferro e listelli di legno color ciliegio. Dall'altra parte del cancello c'è il giardino. Ed è lì, nel giardino dei limoni, in questo pezzo di paradiso, di silenzio e pace, che Salvatore Amuro ha ammazzato con un colpo di badile, sferrato alla testa, il fratello Franco. Poi ha caricato il cadavere su una carriola e lo ha portato in un angolo più nascosto del giardino. Ha coperto il corpo con del terriccio e del fogliame, mentre i due cani scodinzolavano e abbaiavano nervosi. Poi Salvatore Amuro è sceso giù in paese ed è andato a comprare dieci chili di soda caustica. Ora, nel giardino dei limoni, il corpo di Franco Amuro non c'è più. Lo ha sciolto l'acido, versato in un grande contenitore, una specie di cisterna, di quelle che si usano in campagna. Nel giardino dei limoni è rimasta una macchia informe e incolore, che ha corroso l'erba.
E un badile sporco di sangue. Questa zona di Piano di Sorrento si chiama Colli di San Pietro. È un po' fuori paese. Agglomerati di case antiche, casali contadini ristrutturati, qualche villa, ruderi in pietra, che si diradano man mano che si sale verso il monte, n sole del pomeriggio colora le foglie rosse dei vitigni. Al numero 3, accanto al cancello di ferro e legno, e' è il citofono. Si capisce subito che qui ci vive un'intera famiglia: accanto ai campanelli ricorre sempre lo stesso cognome: Amuro. Il capostipite, nonno Renato, è un vecchio contadino che da tempo non esce più di casa. La moglie, Maria Carlotta, la vedono in chiesa, giù alla parrocchia della Trinità, quasi ogni domenica. La descrivono come una donna attiva, una brava madre. «Se penso ai quei due vecchi genitori - dice un'amica di famiglia - davvero mi si stringe il cuore. Due bravissime persone, due gioielli di genitori». Se si bussa a uno dei campanelli del citofono, risponde una giovane voce femminile: «Non abbiamo niente da dichiarare, niente da dire. E non provate a bussare altrove, tanto non c'è nessuno...». Nel grande casale contadino circondato dal limoneto, rimesso a posto negli anni («una casa bellissima, il padre ne è sempre stato fiero», racconta chi l'ha frequentata), erano stati ricavati cinque appartamenti. Uno per i vecchi genitori e altri quattro per i quattro figli, due maschi e due femmine. Salvatore Amuro, l'uomo che ha ammazzato il fratello, ha 52 anni. Lo descrivono come un tipo solitario, a volte scontroso. Sposato e separato, padre di due figli (il primo, 26 anni, ha lo stesso nome del nonno Renato e studia in una città del Nord; la seconda, Giovanna, ha 25 anni e vive qui con il padre), Salvatore Amuro in passato aveva avuto qualche storia di droga. Nel giardino aveva seminato una piccola piantagione di marijuana. Qualcuno dovette raccontare la cosa, vennero i carabinieri e lui passò qualche guaio. Franco, ucciso dal fratello, invece aveva 54 anni. Non era sposato. Viveva nell'abitazione dei vecchi genitori, anche se uno degli appartamenti ricavati nel casale era il suo. In paese tutti sapevano che Franco aveva a che fare con la droga. Eroina. Per questo aveva anche lui qualche precedente, per reati contro il patrimonio. Gli altri due appartamenti erano delle due sorelle, entrambe sposate (Angela e Rita, che però da tempo viveva a Milano). È tra le mura di questa grande casa di campagna, nella quiete dei Colli di San Pietro, che covava da tempo un feroce rancore. Poi, in un giorno mite di dicembre, un fratello ha ucciso l'altro. E poi ne ha dissolto ü corpo, sperando forse di far sparire per sempre l'orrore del suo gesto. La strada che scende verso Piano, solcando terre, cortili e giardini, si chiama via Giuseppe Coppiello. Solo ogni tanto passa qualche automobile. Spunta su via Meta Amalfi, dove c'è il Bar Lena, che funziona anche come rivendita di tabacchi. «Lì conoscevo, certo - dice la proprietaria - Ho sentito quello che è accaduto e ancora non ci credo. Proprio l'altra sera è venuto qui Salvatore. Lui veniva solo per comprare cartine e tabacco. Fuma questo tabacco qui, il Golden Virginia Verde. Da ragazzi abbiamo anche frequentato la stessa scuola, ma non sapevo più niente di lui, non so nemmeno che lavoro facesse». Che nessuno dei due fratelli avesse un lavoro, lo racconta invece Monica. Anche lei è di Piano di Sorrento, anche lei conosceva da anni Salvatore e Franco. «Franco? Beh, a guardarlo si capiva che non stava tanto bene. Era smagrito, probabilmente aveva problemi alla vista, portava occhiali dalla montatura pesante. S'era ridotto così, ma io lo ricordo quando era un bellissimo ragazzo.. .Lavoro? No, solo quando era molto giovane si era imbarcato. Per un po' era stato un marittimo, ma poi non aveva fatto più niente. Qui tutti sapevano che aveva avuto problemi per la droga». Lo spaccio, da queste parti, c'è. E anche questo lo sanno tutti. Ma pare che non ci siano grossi traffici. Si spaccia giù in paese, in spiaggia. Qualche anno fa venne anche smantellata una banda di ragazzetti che vendeva hascisc. Le mani della camorra, anche quelle d sono. Ad allungarle sono i clan stabiesi, che però da un po' di tempo sono in difficoltà. La parrocchia della Santissima Trinità si trova lungo la strada principale che prosegue in direzione di Meta. Don Marino De Rosa è probabilmente più alto di un metro ottanta e sicuramente pesa più di cento chili. «Piano di Sorrento è un posto sostanzialmente tranquillo - dice - Qui resiste un'anima contadina, anche se in campagna ormai ci lavorano soprattutto i più anziani. Il resto è turismo e commercio. In otto anni che sono qui, non è mai accaduto nulla di veramente grave. Certo, i problemi ci sono, con la crisi la disoccupazione è arrivata anche qui. Però c'è sempre il turismo, che riesce a dare lavoro a molti giovani, anche se è lavoro stagionale. Nelle zone più popolari, come Petrulo, ci sono sicuramente situazioni di disagio, ma si tratta più di casi individuali che di un vero e proprio fenomeno sociale». Don Marino ha ragione. Qui la crisi c'è e non c'è. Oppure c’è è si vede poco. Il disagio c'è e non c'è. Oppure c'è, ma è nascosto da qualche parte. Però è qui che Salvatore Amuro ha ammazzato suo fratello, Franco Amuro. E l'ha sciolto nell'acido.
Nessun commento:
Posta un commento