di Filomena Baratto
Vico Equense - Il noce è un albero maestoso per estensione di rami e per l’ombra che riesce a dare per un bel tratto. Il suo legno è pregiato per robustezza e versatilità nel lavorarlo. E’ originario dell’Asia, portato in occidente in tempi antichi. In tutti i classici che parlano di agricoltura, dal De Re Rustica di Varrone al De agri cultura di Catone, alle Georgiche di Virgilio, si menziona la coltura dell’albero di noce. Esso va piantato lontano dalla casa per non creare ombra, da qui il nome noce che sta a significare che nuoce, creando ombra con la sua chioma e sotto la quale non può crescere alcun frutto o verdura, oltre ad essere nocivo per la crescita di altre piante. Nel De Rustica di Varrone (116-27 a.C.), nell’Elogio all’Italia, si dice che le occupazioni degli Italiani sono due: quella di coltivare la terra e ricavarne frutti proporzionati alla spesa e alla fatica e badare se il terreno sia o no salubre. “Chi persevera”, continua Varrone, a coltivare dove questi due obiettivi vengono meno, è un pazzo”. Il noce è una coltura che in Italia rende sin dall’antichità ed è un albero paragonato al maiale, nel senso che del noce non si butta nulla, dal legno ai frutti passando per le foglie, di cui se ne fanno mille usi. L’albero è legato a Giove per appartenere alla famiglia delle Junglans regia, dal latino Jovis glans, la ghianda di Giove. Il legame con Giove è dovuto alla sua maestosità e trovandosi in luoghi solitari a causa della grande ombra che produce. In Italia la regione in cui si coltiva maggiormente il noce è la Campania, ultimamente con un incremento notevole in Emilia Romagna e Veneto.
In Campania un posto d’onore spetta nella penisola sorrentina, oltre che nel casertano, nel nolano e nel salernitano. Fino agli anni 80, da sola la Campania produceva oltre il 90% della produzione nazionale, oggi è scesa al 73%. Il primo produttore al mondo è la Cina seguita dalla California. In quanto al frutto è una drupa con epicarpo polposo, il mallo, un endocarpo legnoso, il guscio, e un seme, il gheriglio, con due cotiledoni divisi in quattro lobi, da diaframmi membranacei. Dall’aspetto richiama in miniatura il cervello umano, secondo quanto ci tramanda la teoria medievale della signatura, similia similibus curantur, secondo questa teoria, le sembianze tra organo e frutti ci indicano anche a cosa servono le sue proprietà. La noce è un frutto molto calorico, ricco di acidi grassi che hanno un ruolo importante per la tenuta della membrana cellulare e ripara da tante malattie, come le anemie, le allergie, artriti, tracheiti, solo per dirne alcune. Cento grammi di noci hanno un alto valore energetico e mangiarne è come prendere una medicina naturale che previene moltissime patologie. Un detto piemontese dice che pane e noci, vita da sposi. Indica anche fecondità tanto che nel tempo antico durante la celebrazione delle nozze, lo sposo era solito marcare il percorso con le noci, simbolo dell’abbondanza effettuando lo “sparsio nucum”. Una volta un albero di noci costituiva, da solo, una dote per la sposa. Col tempo gli alberi sono stati tagliati a causa di un cemento selvaggio, facendone uno scempio un po’ dovunque. Le noci della penisola sorrentina sono tra tutte, le più buone. Qui il terreno di collina, privo di ristagni d’acqua che nocciono alla pianta, rende l’habitat più naturale per l’albero. Se poi si aggiunge l’azione del vento che spira dal mare verso la montagna e mantiene una temperatura fresca, i noci sono qui nel loro regno. Una volta raccolte le noci, con diverse tecniche, bisogna pulirle e metterle ad asciugare. Una fase che va fatta con cura onde evitare che l’umidità renda vuoto il frutto. La fase più faticosa è quella di buttare giù i frutti dall’albero, un’operazione che spesso si rivela pericolosa per l’altezza dell’albero. Il suono giocoso dei frutti che si asciugano al sole e si girano continuamente è un piacevole esercizio per portare a conclusione le operazioni di mondatura. Le noci, poi, danno un ottimo liquore, il nocino, digestivo efficace, molto ricercato da chi giunge in penisola. Sono i frutti che indicano abbondanza e provvidenza, ce lo ricorda Fra’ Galdino nel III capitolo dei Promessi Sposi, quando va a casa di Lucia per la questua e la ragazza lo rifornisce di noci. L’albero dà un legno pregiato mentre le sue foglie sono adatte a infusi vari.
I noci, oltre a dare frutti preziosi, tengono a freno il terreno nelle zone collinari dove il suolo è maggiormente esposto a rischio idrogeologico. Tagliare un noce non è mai una cosa giusta, per nessun motivo, per i frutti che rende, per come rende il terreno compatto. Più che tagliarli, per regalare spazio al cemento, bisogna piantarli, un modo per essere previdenti strizzando l’occhio alla provvidenza.
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