L’area vulcanica napoletana presenta il più alto rischio al mondo. Una evacuazione progressiva e programmata è l’unica opzione efficace
L’area vulcanica napoletana, con Vesuvio, Campi Flegrei ed Ischia, racchiude il più alto rischio vulcanico al mondo, con circa 3 milioni di persone che vivono a meno di 20 km da una possibile bocca eruttiva. Non è sostenibile – né economicamente né socialmente – ipotizzare una evacuazione massiccia ed improvvisa qualora si presenti un rischio imminente di eruzione. L’unica strategia possibile è programmare una evacuazione progressiva e scoraggiare, nelle aree a rischio, la residenzialità.
Un nuovo lavoro dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del CNR, pubblicato sulla rivista Natural Hazard and Earth System Sciences, della European Geoscience Union, definisce i problemi e le linee da seguire per mitigare tale rischio partendo dalle più avanzate acquisizioni della Vulcanologia e considerando le implicazioni economiche e sociali delle decisioni per una effettiva mitigazione del rischio.
«La mitigazione del rischio vulcanico nelle aree densamente popolate – afferma Giuseppe De Natale, Dirigente di Ricerca dell’INGV affiliato al CNR-INO – non può basarsi soltanto sulla previsione dell’eruzione e sulla possibilità di evacuare centinaia di migliaia di persone in pochi giorni.
Come dimostrano le statistiche a livello mondiale, infatti, la previsione delle eruzioni è oggi una scienza estremamente imprecisa, che riesce a dare risposte efficaci soltanto nel 20% o, nelle condizioni migliori, nel 30% dei casi».
«L’alta probabilità di mancato allarme – aggiunge Claudia Troise, Primo Ricercatore dell’INGV affiliata al CNR-INO – unita ad una probabilità egualmente molto alta di falso allarme, rende di fatto estremamente critica la responsabilità politica di spostare repentinamente centinaia di migliaia di persone dalle zone rosse attualmente definite. Il costo, in termini di vite umane, di un mancato allarme, è altissimo. Ed il costo, economico ed in termini sociali di un falso allarme, è in questa condizione ugualmente insostenibile».
Il costo economico di una evacuazione improvvisa di 600.000-800.000 persone (la popolazione della zona rossa flegrea o Vesuviana) sarebbe di oltre 1.5% di PIL (30 miliardi di euro) all’anno.
«La questione che deve essere chiara a tutti’ – spiega Renato Somma, Ricercatore dell’INGV affiliato al CNR-IRISS – è che una volta evacuate 600.000-800.000 persone, queste verosimilmente potranno tornare soltanto dopo molti anni, forse decenni, probabilmente mai. Se l’eruzione avviene infatti in tempi brevi, il territorio sarà in buona parte devastato e non ci sarà certezza che non seguiranno altre eruzioni in tempi brevi. Se, invece, l’eruzione non avviene entro un certo tempo, nessuno potrà prendersi la responsabilità, senza alcuna certezza in termini vulcanologici, di riportare quelle aree allo stesso, altissimo livello di rischio precedente».
«L’unica soluzione razionale – conclude Giuseppe De Natale – è operare subito una pianificazione dettagliata della possibile evacuazione in zone preferibilmente vicine. E incentivare gran parte della popolazione delle zone rosse a trasferirsi in anticipo, senza attendere il momento in cui un’eruzione sia imminente. In queste zone, ad altissimo valore da sempre, si può lavorare e produrre e si devono incoraggiare attività come il turismo, il terziario, l’industria sostenibile. La residenzialità va però assolutamente scoraggiata, attraverso forti incentivi e disincentivi economici. Quello che delineiamo è un progetto ambizioso, che richiede investimenti ed infrastrutture, che possono costituire una grande opportunità per il Sud e l’economia nazionale. Crediamo sia l’unico possibile. Le linee guida contenute in questo lavoro sono importanti anche per le oltre 70 grandi città che, in tutto il Mondo, sono soggette ad un alto rischio vulcanico».
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