di Dario Sautto - Il Mattino
Da anni Claudio d'Eposito è presidente del Wwf Terre del Tirreno, da oltre quaranta ne è attivista convinto e ricorda «tutte le aggressioni e i danneggiamenti subiti», solo perché aveva segnalato una discarica abusiva, le colate di cemento tra gli agrumeti o il taglio indiscriminato di alberi. Oggi è il responsabile dell'area protetta Wwf di Sant'Agnello, uno scrigno di biodiversità (sempre più rara) in Penisola Sorrentina. Nel frattempo, da due giorni è agli arresti domiciliari Salvatore Langellotto, 54enne imprenditore con precedenti per camorra, ritenuto autore del violento pestaggio subito da d'Esposito il 26 marzo dello scorso anno a Sant'Agnello. Hanno arrestato il suo aggressore: cosa ne pensa? «Non sono né soddisfatto, né felice, né tranquillo, perché tutte le sere ripenso alle tante aggressioni subite in passato». Quante? «Una volta uno squilibrato mi ha staccato un'unghia a morsi. Un'altra, mi hanno preso a pugni; un'altra volta ancora, un pescatore mi ha rotto il menisco. Ne porto ancora dolori e segni». L'ultima è quella che fa più male? «Forse sì, perché sento ancora dolore alla costola fratturata. E poi perché in queste settimane, anche rivedendo il servizio delle Iene, tutti hanno fatto il loro dovere: i giornalisti, i magistrati, le forze dell'ordine, paradossalmente anche l'aggressore. Solo il sacerdote non ha fatto il suo dovere, sembrava quasi dicesse che mi sia meritato quell'aggressione, a differenza di quanto disse don Carmine Giudice in una lettera pubblica lo scorso anno».
Per le sue denunce ha subito anche danneggiamenti? «Sono stato costretto a cambiare quattro volte l'auto. Ruote squarciate, vetri in frantumi, specchietti rotti». Non è stanco? «Per trent'anni ho vissuto a Milano, poi ho deciso di lasciare il mio lavoro e di tornare. Ho sentito il dovere di difendere la mia terra, dove abbiamo mare, natura, il Faito, che vanno tutelati». E come la difende? «Denunciando tutto. Presento circa 200 esposti all'anno, dalle piccole cose alle forzature che fanno alcuni gruppi imprenditoriali, che da decenni stanno inondando di cemento la Penisola, Sant'Agnello e Sorrento in particolare. Contro gli scempi ambientali, sul monte Faito come a mare, sulla gestione dei depuratori, sul taglio indiscriminato di alberi». Quali sono i casi più eclatanti? «Ad esempio boxlandia, con intere fette di Penisola trasformate in garage, scavando fino a venti metri di profondità per realizzare 10mila box che non hanno risolto nessun problema. Ora in quei garage si trovano anche attività commerciali. Oppure l'housing sociale di Sant'Agnello, dove abbiamo denunciato tante forzature amministrative. E ancora lo scempio nel Vallone dei Mulini. Ma oggi tutto ruota attorno ai parcheggi, il nuovo business». Secondo lei c'è anche la camorra? «In Penisola diversi clan hanno investito in alberghi, ristoranti, movida, edilizia, opere pubbliche, e non sono io a dirlo. Ci sono interessi che vanno oltre quelli economici dietro ad alcuni investimenti fatti in zona. E poi, alcune cose non si fanno senza le complicità della politica e dei tecnici». Cosa pensa dell'ospedale unico? «L'area individuata non è idonea ad ospitare un cantiere di così vaste proporzioni e quella è una zona ad alto rischio idrogeologico. È solo uno scatolone di cemento che paga chi produce calcestruzzo, consumo di suolo che non risolverà i problemi della sanità». Ma il Wwwf lavora anche a progetti importanti. «Ho affiancato alcune amministrazioni comunali, che me lo hanno chiesto. In due anni sono stati aggiudicati da diversi Comuni circa 900mila euro per piantare nuovi alberi nei boschi e nei parchi. Altri alberi li pianto io con gli altri attivisti». Si sente solo in queste battaglia? «Assolutamente no. Siamo una minoranza che lotta per salvare la natura e sento il dovere di combattere a nome di tutti coloro che la pensano come me. Oggi non combattiamo più contro l'abusivismo edilizio, ma contro opere autorizzate dove non si potevano autorizzare, siamo ad un livello superiore».
Nessun commento:
Posta un commento