domenica 28 gennaio 2024

L’intervento dell’arcivescovo di Napoli Mimmo Battaglia «Dico no all’autonomia differenziata: al sud porterà solo nuove ingiustizie»

da Avvenire 

Nel dibattito attorno alla legge sull'autonomia differenziata, che il Senato ha approvato martedì in prima lettura, interviene oggi l'arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia, con la sua voce accorata che documenta la grande preoccupazione del Sud e della stessa Chiesa meridionale per una riforma che potrebbe avere come esito l'ulteriore distanziamento tra differenti aree del Paese. Una visione opposta a quella della maggioranza dove, mentre sul fronte opposto il Pd pensa a una mobilitazione, il vicepremier Matteo Salvini ha ripetuto ieri, collegato alla Scuola politica della Lega, che invece «l'Italia ha bisogno di riforme» e «l'autonomia non è un punto di arrivo, ma di partenza per trasformarci in un Paese moderno, efficiente, responsabile e federale: elezione diretta del premier, stabilità dei governi e poteri delegati agli enti locali, significa competizione in senso positivo e questa non è una parolaccia». 

«La Politica è la più alta forma di carità». È una frase di Paolo VI, nota e spesso citata. Senza la carità, però, come direbbe un altro Paolo, l'Apostolo, la politica diverrebbe solo «un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna». E il mondo è già pieno di vuoti bronzi che tintinnano egoismo e che risuonano indifferenza. Per questo come Vescovo della chiesa di Napoli, come figlio di un Sud ancora martoriato e dimenticato, vorrei dire una parola a tutti quei credenti impegnati in politica.


E nel dirla a tutti, apertamente, vorrei che giungesse anzitutto al cuore dei fratelli e delle sorelle del Parlamento che in questi giorni stanno lavorando all'iter legislativo dell'"autonomia differenziata". Mi pongo nel solco di papa Francesco che ci invita a impegnarci tutti, anche quali cristiani, facendo della Politica l'arte del servizio, capace di generare bene e solidarietà, unità e pace e non differenze, ingiustizie e conflitti sociali! E questa parola intendo affermarla senza troppi giri e giochi retorici, consapevole che il vangelo mi impone chiarezza. La parola che grido con forza e di cui mi assumo la responsabilità come cittadino e come pastore della comunità cristiana è: no! No alla legge della cosiddetta Autonomia differenziata, approvata l'altro ieri dal Senato della Repubblica italiana. Lo sottolineo, oggi in cui la memoria sembra svanire, affermare che l'Italia è una "Repubblica democratica" è affermare l'unità del Paese nell'eguaglianza e nella solidarietà, nel rispetto sempre della dignità di ogni persona. "Autonomia differenziata" sembra quasi doversi leggere come unica parola e senza interruzione di fiato, per il drammatico e pericoloso significato che cela, quello di un progetto politico di divisione, di egoismo, di sistematico impoverimento di territori già duramente provati. L'egoismo di ricchi resi spesso tali dall'intelligenza dei meridionali, da quel Sud terra di esodi, svuotato progressivamente delle sue fondamentali ricchezze depredate e coperte da fiumi di inganni e false promesse, ancora ci mortifica. I promotori e i sostenitori di questa legge incollano, con una certa superbia, questa "vittoria" alla realizzazione di articoli costituzionali, dimenticando l'essenza del principio di sussidiarietà che dovrebbe essere il riconoscimento della «necessaria socialità di tutte le persone» chiamate a completarsi e perfezionarsi vicendevolmente in una reciproca solidarietà economica e spirituale. Non volendo strumentalizzare politicamente nessun discorso ribadisco quanta falsità ci sia nelle parole a partire dall'aggettivo "differenziata", poiché appunto vorrà dire che l'autonomia non sarà uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, differenzierà le regioni tra quelle forti, che con l'autonomia diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli. Insomma, si realizza, anche nelle istituzioni, quella dinamica apparentemente incontrollabile che legittima l'ingiustizia più grave. Quella che fa i pochi ricchi nel mondo più ricchi e il novanta per cento degli esseri umani più poveri. C'è anche un fatto che rende più grave la decisione del Senato e delle forze politiche che l'hanno determinata. Questa trasformazione nel Paese avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione. Basterebbe solo questo per accendere le menti più attente e i cuori più sensibili a comprendere quanto la politica possa essere ingannevole oltre ogni disponibilità economica. Le leggi non si fanno per il tempo politico di chi le vara. Si fanno per tempi lunghi, quelli che vanno a incontrare la vita dei nostri ragazzi. Aprono il futuro più che gestire il presente. La preoccupazione pertanto è che, nel domani del compiersi pienamente questo malinteso articolo della Costituzione, la logica della differenziata manterrà le differenze, mentre si allargherà la forbice della duale separatezza del territorio nazionale e del sentire stesso del Paese. Occorre cambiare il nostro sguardo e quello delle istituzioni, invertendo la sua direzione. Il vero inizio del buon cambiamento si avrà quando tutti partiremo dal Sud. Partiremo cioè da quei luoghi, da quei volti, da quelle storie, da quella gente che per troppo tempo abbiamo considerato come numeri da sfruttare nei tempi buoni, come ad esempio quelli elettorali, e zavorre di cui liberarsi nei giorni di magra, quando per restare in vita il pezzo di pane lo si divide in parti uguali, perché l'egoismo di uno diverrebbe la morte di un altro. Ma ciò che non è ancora chiaro a tutti è che in una comunità democratica o si vive insieme o si muore insieme. E per questo l'unica forma di autonomia consentita e auspicabile è quella della solidarietà, del tenersi per mano, partendo e ripartendo sempre dal sud, anche da quei tanti "sud" che sono nel nostro nord. Che il Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la generosità e l'impegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, rendano inquieti i nostri riposi, divengano un peso sulla nostra coscienza, fino a quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non sia orientata al bene di tutti, iniziando dai più fragili, che un giorno scopriremo essere la cosa più preziosa che ci era stata data in dono dalla vita, la culla più adatta a gestare la nascita di una comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla pace. 

Arcivescovo metropolita di Napoli

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