lunedì 13 ottobre 2025

Sant'Agnello, appello per fermare lo sgombero Le famiglie: dateci tempo

Dopo che la Cassazione ha bocciato l'ultimo ricorso sulle abitazioni di "housing sociale", 38 nuclei familiari lanciano un sos 

di Mariella Parmendola - La Repubblica Napoli

Sant'Agnello - Cinque anni segnati da provvedimenti di sequestro e ricorsi. Una lunga battaglia giudiziaria sul destino di un complesso di case in penisola sorrentina, e di chi ci vive, arriva a conclusione: le 38 famiglie che ci abitano dovranno andarsene. Per la procura di Torre Annunziata il parco di villette e garage a Sant'Agnello è interamente abusivo. E mentre prosegue il processo per accertare possibili responsabilità e colpevoli, al termine di una vicenda giudiziaria caratterizzata da un'alternanza di vittorie e sconfitte, diventa esecutivo lo sgombero. Un atto collegato a un sequestrato preventivo, la cui prima data è del febbraio 2020. Epilogo scritto in una sentenza della Cassazione dei giorni scorsi, che ha giudicato inammissibile l'ultimo ricorso di un gruppo di residenti presentato per fermare gli sgomberi. Le 38 famiglie dovranno lasciare le case costruite distruggendo un agrumeto per realizzare un progetto di housing sociale, ritenuto dalla procura guidata da Nunzio Fragliasso il risultato di abusi e falsi documenti. Reati dei quali per gli investigatori sarebbero responsabili i tecnici del Comune sorrentino e l'imprenditore Antonio Elefante. Per la procura quell'area non era degradata, quindi non si sarebbe potuto scegliere il percorso indicato dalla legge regionale sull'housing sociale per andare in deroga alle norme urbanistiche e ai vincoli della penisola sorrentina. Lo sgombero a questo punto potrebbe avvenire in tempi stretti, mentre si avvia a conclusione il processo per lottizzazione abusiva e falso ideologico.

Nel frattempo è uscito dal procedimento giudiziario l'ex sindaco Piergiorgio Sagristani, essendo nel frattempo stato abolito il reato di abuso d'ufficio. La Procura di Torre Annunziata ottiene così il via libera allo sgombero dei residenti che hanno occupato in questi anni gli appartamenti, quando già era stata aperta un'inchiesta in seguito alle denunce delle associazioni ambientaliste. Vittime di chi li ha raggirati i 60 assegnatari hanno acquistato villette, quando erano ancora solo progetti con documentazioni e autorizzazioni in regola, entrando in una graduatoria del Comune di Sant'Agnello. Dopo la sentenza della Cassazione diventa esecutivo il provvedimento, a firma del gip di Torre Annunziata Lucia Crasta, che mette in dubbio la buona fede delle famiglie assegnatarie degli immobili, in relazione alla correttezza delle procedure adottate a inchiesta in corso, e dall'altro lato fa riferimento all'aggravio del carico urbanistico determinato dalla permanenza delle 38 famiglie negli alloggi sequestrati. «Non ci dormiamo più la notte. Rischiamo di finire tutti in strada da un momento all'altro, senza avere una soluzione alternativa. Le case da affittare in penisola sono pochissime e soprattutto hanno dei prezzi che per noi sono impossibili. Parliamo di 2.400 euro al mese per 70 metri quadrati», spiega Roberto Gebbano, tra i residenti che condividono l'incubo dello sgombero. Che ci tiene a sottolineare: «Noi siamo sempre stati in buona fede e rispettiamo la legge. Siamo i primi a volere sapere se siano stati commessi o meno degli abusi, come si stabilirà con la sentenza definitiva del processo». Ma la decisione di andare comunque a abitare in quelle case, quando è scattato il primo dissequestro, la motiva così: «Chi ha accettato di trasferirsi lì, appena è stato possibile, l'ha fatto perché non aveva alternative. Noi nel 2016 abbiamo partecipato a un bando comunale per avere assegnata la casa, che richiedeva comunque un reddito basso e determinati requisiti. Tutti i documenti erano in regola, non potevamo sapere. Quando è scattato il primo sequestro avevamo versato al costruttore il 60 per cento, più o meno 175 mila euro a famiglia, i risparmi di una vita. Chi tra i 53 assegnatari ha rinunciato è perché aveva la possibilità di scegliere, altri no». Adesso che la Cassazione gli ha dato torto Gebbano, anche a nome delle altre famiglie, spera in un allungamento dei tempi dello sgombero. «Vorremmo che arrivi a conclusione il processo, ma serve il terzo grado di giudizio. Noi eravamo ignari di tutto quando abbiamo acquistato, mai avremmo pensato che finisse così rispondendo a un bando del Comune. Vorremmo andare via acquisita la certezza degli abusi sul piano giuridico. Per evitare un trauma alle nostre famiglie, salvo poi tornare in casa in futuro», racconta. Altrimenti, aggiunge. «in questa fase non possiamo neanche chiedere un risarcimento danni al costruttore. Se non viene condannato non risponde di nulla. Andando avanti così rischiamo di ritrovarci senza casa e senza i risparmi di una vita, nonostante siamo solo vittime in questa vicenda». 

Nessun commento: