domenica 14 marzo 2010

Due candidati fermi al palo

Per una volta la Campania era sembrata aver fatto le cose per bene. Niente liste consegnate fuori tempo massimo. Niente firme di dubbia autenticità. Nessun suicidio politico, come nella Puglia di Rocco Palese e della Poli Bortone. Sia pure dopo aspre guerre intestine, sinistra e destra avevano presentato due coalizioni robuste e due candidati personalmente e politicamente degni. E allora perché anche in Campania la campagna elettorale non riesce a decollare? Qui, in un territorio che sconta la crisi acuta della lunga stagione del centrosinistra, l’urgenza di una ripresa in grande stile della politica si avverte assai più che altrove. E dunque sarebbe stato lecito attendersi una competizione intensa, propositiva, mobilitante, ricca di idee nuove. Come d’altronde è sempre accaduto nella storia del paese, dal 1948 in avanti, quando le scadenze elettorali segnavano punti di svolta e ansie di ricostruzione. Lo stesso slogan della discontinuità, se riempito di contenuti forti e di una tempistica credibile, avrebbe potuto essere la carta migliore per coinvolgere i cittadini, restiduendoli all’indispensabile rapporto fiduciario con la politica. In Campania, questo era il momento di un patto solenne con gli elettori. Ma il quadro è tutt’altro, almeno per ora. Il sobrio Caldoro e il sanguigno De Luca attuano strategie di comunicazione opposte, che forse corrispondono anche a elementi caratteriali, ma dicono più o meno le stesse cose. Giurano sulla grande svolta. Squadernano i temi classici del territorio: sviluppo, lavoro, infrastrutture, grandi opere, cultura. Troppi, troppo ambiziosi e indeterminati, troppo disattenti alle risorse effettive per non ricordare altre rinascimentali promesse. Proprio perché scottati dalle passate esperienze, gli elettori vorrebbero capire meglio cosa farà in concreto chi otterrà in premio le redini di Palazzo Santa Lucia. Il sospetto è che tanto Caldoro quanto De Luca abbiano un compito molto difficile. Se li si immagina negli scenari prevedibilmente confusi del dopo-elezioni, non tutti i conti tornano. Il primo è già oggi l’espressione della fragile alleanza tra i due partiti confluiti nel Pdl. I silenzi e le cautele talvolta eccessive del candidato della destra nascono anche da questa consapevolezza. E dunque resta da capire quali saranno i suoi referenti politici, la sua rappresentatività, il suo radicamento sociale, se e quando il Pdl dovesse implodere e magari scindersi. E cosa farà, in una simile circostanza, l’Udc demitiana? Se pure venisse incoronato, Caldoro non avrebbe vita facile. Quanto a De Luca, malgrado la scelta di tenersi defilato rispetto ai partiti che lo sostengono, non è chiaro fino a che punto riuscirebbe a gestire una maggioranza di consiglieri e una squadra di assessori, che sarebbero comunque rappresentativi delle diverse anime del Pd, nonché del difficile alleato dipietrista. L’altro ieri, Rosy Bindi tesseva avventurosamente l’elogio della sanità campana. Nel frattempo, oltre a quello del sindaco di Salerno, è il volto di Corrado Gabriele a farla da padrone nei manifesti elettorali della sinistra. Sono segnali che, a prescindere dalle doti del candidato, gettano qualche ombra sugli spazi operativi nei quali sarebbe costretta amuoversi un’eventuale giunta De Luca. (di Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno)

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