sabato 7 novembre 2015

Educare all'affettività

di Filomena Baratto 

Vico Equense - Essere affettuosi non è un aspetto del carattere come molto spesso pensiamo quando siamo di fronte ad una persona calorosa, è un modo di porsi in rapporto agli altri che si apprende come ogni nostra esperienza. L'educazione all'affettività inizia già nell 'infanzia, in base alle attenzioni, agli esempi, alle manifestazioni che riceviamo in primo luogo dai genitori. Una carezza, un bacio, un abbraccio, da sempre sono segni di calore, di contatto che invece molto spesso scambiamo solo per smancerie e atteggiamenti da limitare all'interno di una coppia. Un bambino che riceve affetto, che si sente al centro dell'attenzione dei propri genitori, che avverte di essere benvoluto, sarà a sua volta un adulto affettuoso, capace di trasmettere nei modi e con le parole ciò che prova. Ma non sempre le cose vanno per il verso giusto e molto spesso i sentimenti devono fare i conti col carattere e con i pregiudizi. La maggior parte dei nostri genitori è stata avara di atteggiamenti affettuosi, vuoi per un carattere introverso, vuoi per la fatidica convinzione che "i figli si baciano nel sonno". Abbracciare e baciare un figlio solo nel sonno equivale a dire "non ti posso dimostrare il mio amore, lo devo sapere solo io quanto ti voglio bene".
 
Così non si ama e non si educa all'amore. In questo modo insegniamo che l'amore è un sentimento da nascondere per evitare che l'altro ci soggioghi, che possa approfittare della nostra buona fede e averci in pugno. Quando in un rapporto, anche adulto, accade questo, che cioè l'altro eviti di manifestarci il suo amore per mantenerci sulla corda, stiamo sicuramente davanti ad una persona che a sua volta non ha ricevuto manifestazioni, siano esse parole, gesti, esempi, non solo, ma gli è stato inculcato che l'amore è un canale preferibilmente nascosto, da tenere dentro e manifestare raramente. L'amore va sempre manifestato! E'un carburante insostituibile e non possiamo relazionarci agli altri senza offrire la parte più vera di noi. Personalmente ricordo di aver ricevuto manifestazioni d'affetto molto contenute durante la mia infanzia, ma non posso eludere gli insegnamenti desunti dalle mani dei miei nonni, che con carezze, abbracci e lo stringere e attirare a sè, hanno lasciato in me una distinzione chiara di che cosa voglia dire voler bene, amare, interessarsi di una persona completamente. Quelle di mia nonna erano piene di vene, grandi, calde, erano per me una fonte di calore, benessere quando mi lavavano o mi pettinavano o mi vestivano o semplicemente mi davano la mano e quello era un contatto favoloso, in quel momento ero la bambina più sicura di questo mondo. Così le mani di mio nonno, enormi, massicce, di grande lavoratore, a tratti ruvide, callose ma per me erano di velluto, sapevano imprimermi sicurezza, attenzione, determinazione, forza quando lui mi prendeva nelle sue mani enormi, che raccoglievano tutto il mio corpo, e mi faceva saltare sopra la sua testa, per poi farmi ricadere nelle sue braccia. In questo gioco capivo che aveva bisogno di me, di stringermi, di giocare, voleva farmi ridere, scherzare e si preoccupava del mio stato d'animo. Questi momenti non dovrebbero mancare mai! Darsi il bacio della buonanotte, salutarsi quando si esce o si entra in casa, abbracciarsi quando ne sentiamo l'esigenza, fa bene, ci fa sentire benvoluti, al centro dell'attenzione, presenti. Un buona educazione ai sentimenti rappresenta il preludio di una buona esperienza di adulto, di coppia, sessuale. Molti evitano questo rito, queste effusioni, prese come perdita di tempo tanto l'altro "sa che noi l'amiamo". Non è mica vero! L'altro sa che l'amiamo quando glielo dimostriamo e ogni momento è un'attesa. L'amore è un'offerta e una ricezione continua come un interruttore, che, se non lo alimentiamo, non funziona. L'amore più appassionato, quello più convinto, più sicuro può spegnersi per incapacità a dimostrarsi. "Cosa devo fare, mi posso mica impiccare?" Spesso sono domande del genere a far capire la difficoltà in cui siamo, ma se lo siamo è per non aver ricevuto quello che gli altri si aspettano da noi. Molto spesso i genitori viziano più che amare. Amare è un educare con sapienza, profusione di tempo e di attenzioni e ogni genitore che si adoperi in questo senso, non sbaglia mai! L'obiettivo non è fare del piccolo un robot al nostro servizio, come accadeva nel settecento, quando i bambini erano visti come un gioco per gli adulti; l'obiettivo è "formare" soprattutto un cuore da cui dipende tutta una vita! Non siamo avari di manifestazioni affettive, in ogni tipo di rapporto, è la linfa che conduce in ogni nostra cellula l'essenza, la forza e il motivo per cui siamo nati, quella di amarci!

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