domenica 20 aprile 2025

«Colpito il cuore della città ma insieme ci rialzeremo»

Il dolore del vescovo per la tragedia in raccoglimento davanti alla stazione 

di Fiorangela d'Amora - Il Mattino 

Castellammare di Stabia - Stanotte ha celebrato la messa di Pasqua nella Concattedrale Santa Maria Assunta e San Catello di Castellammare. «Come segno di vicinanza alla comunità». Oggi invece sarà a Sorrento. Ha invertito l'ordine della sua presenza nelle celebrazioni monsignor Francesco Alfano, vescovo della Diocesi di Castellammare e Sorrento, abituato a dividersi tra le due città. La Pasqua in penisola sorrentina con le sue processioni storiche quest'anno è passata in secondo piano, la tragedia della funivia del Faito ha stravolto i cuori e i piani di «don Franco», come ama essere chiamato dai fedeli l'alto prelato, che dal 2012 è alla guida della comunità. Il 28 aprile il vescovo arrivato da Nocera Inferiore celebrerà 13 anni a capo della Diocesi, anni durante i quali ha visto Castellammare cadere e rialzarsi per le sue vicende politiche, fino alla tragedia più grande, arrivata dritta al cuore della città. L'incidente all'impianto della funivia del Faito, nel quale hanno perso la vita tre turisti e l'operatore Eav, Carmine Parlato, che era a bordo, ha diffuso sconforto e tristezza nei fedeli. Venerdì sera, prima della Via Crucis è stato in piazza Unità d'Italia, dove si trova la stazione della funivia, per pregare e lasciare dei fiori. Con lei c'erano anche tante persone che hanno voluto pregare davanti al terminal. Quale pensiero rivolge alla città? «Non è facile, rischiamo di dire parole prive di senso. La via Crucis è di per sé già un momento molto sentito, tra i più forti a livello popolare e spirituale. Venerdì lo è stato ancora di più non solo per la partecipazione ma per il bisogno che tutti avvertivano di consolazione e di speranza. Non è facile. Noi da credenti sappiamo che le nostre parole veicolano quelle che vengono dall'alto. Prima che iniziasse la celebrazione ho chiesto di raccogliermi in preghiera, i fiori che ho portato erano un piccolo segno di partecipazione per una tragedia che ci ha sconvolto e toccato ancor di più perché ha colpito dei lavoratori e nostri ospiti arrivati per vedere le nostre bellezze. Ho provato ad ascoltare Dio e incoraggiare il nome suo. Questi momenti che ci portano vicinanza e solidarietà ci devono spingere andare oltre».

 

È giusto nutrire un sentimento di giustizia e di verità? «È necessario sapere cosa sia accaduto. Sembra che un sogno sia svanito nel nulla. Nonostante sappiamo tutti che il livello di gestione della funivia è molto alto, abbiamo tutti il dovere di sapere. Ci vuole il massimo dell'impegno e della buona volontà in tutti i campi, non nell'ottica giustizialista, ma dobbiamo sentirci tutti coinvolti in modi diversi». Lei è mai salito in funivia? «Certo, tante volte. Ed ogni volta ho chiacchierato con gli operatori a bordo che spiegavano sempre con grande orgoglio ed attenzione le operazioni di sicurezza e manutenzione che svolgevano periodicamente. L'ho decantata e pubblicizzata oltre Castellammare per lo spettacolo che offriva al mondo intero. Era parte dell'orgoglio di questa città, volano per la rinascita turistiche che si iniziava a vedere negli ultimi anni». Nella tragedia l'unica vittima italiana è stata proprio un operatore dell'amata "panarella". Ha avuto modo di incontrare la vedova e il figlio di Carmine Parlato? «Non ancora, tramite dei parenti ho mandato loro la mia preghiera in attesa di incontrare la donna e il ragazzo. La famiglia sta vivendo un momento difficilissimo, quando si spezza una storia umana in maniera così violenta e improvvisa il dolore è ancor più grande. Noi tutti siamo vicini a questa moglie e madre e a questo giovane rimasto senza padre». Monsignore Alfano come può ripartire ora la comunità stabiese? «Non c'è la ricetta giusta, né sarò io così presuntuoso da indicarla. Ognuno di noi si senta coinvolto in questa vicenda dolorosa che rappresenta la storia della nostra città. È stato colpito il cuore, il simbolo forte che unisce il mare e la montagna, volano di ripresa. Non ci fermiamo però, nonostante l'ostacolo sia molto forte dobbiamo trovare il modo di fare ognuno la propria parte. Esprimiamo tutti desiderio forte della rinascita e diamo nella giusta misura, ognuno il proprio contributo. Nessuno deve rimanere a guardare, ora deve venir fuori l'amore per la città, le potenzialità enormi che ha Castellammare». Qual è l'errore da non commettere in questo momento di profondo dolore? «Non bisogna chiudersi, e non bisogna cercare i colpevoli fuori di se. Sì alla partecipazione attiva, esigendo da tutti la propria parte per il bene della città. Nessuno punti il dito contro l'altro, siamo parte di una comunità che deve risorgere. Il cuore è squarciato da una sofferenza che tocca tutti, ci mancano le parole, non possiamo nascondere che ci sentiamo sconfitti, ma dopo il dolore profondo bisogna ritrovare unità e risalire tutti assieme».

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