sabato 28 giugno 2025

Vico Equense. Matt Dillon «Io, un attore per caso: volevo fare il pittore»

Dopo Abel Ferrara e Giancarlo Esposito il Social World Film Festival di Vico Equense ha conquistato un altro divo "Per me l'Italia è come una seconda casa, voglio godermi un mese di vacanze in costiera: resterò fino a fine luglio 

di Alessandra Farro - Il Mattino

Vico Equense - Sorride ed ironizza, il sessantunenne Matt Dillon, ripercorrendo le tappe più significative della sua carriera insieme ai ragazzi del quindicesimo «Social world film festival» diretto da Giuseppe Alessio Nuzzo che si conclude oggi a Vico Equense con la premiazione delle opere vincitrici tra le 97 in concorso. Più di 40 anni di film alle spalle, dal primo ruolo a 14 anni in «Giovani guerrieri» di Jonathan Kaplan, passando per i «I ragazzi della 56esima Strada» e «Rusty il selvaggio» di Coppola, «Drugstore cowboy» di Gus Van Sant e la nomination all'Oscar con «Crash - Contatto fisico» di Haggis, fino a «La casa di Jack» di Lars Von Trier e «Asteroid city» di Wes Anderson. Tra i titoli in proiezione nella rassegna, anche «Tutti pazzi per Mary» dei fratelli Farrelly del 1998, in cui recita a fianco di Cameron Diaz, una comicità del genere oggi sarebbe possibile? «Oggi lo spazio per la comicità appartiene più al mondo della serialità che a quello dei film. C'è una visione diversa della narrazione comica. L'unica cosa che, credo, rimanga invariata è la centralità della trama, insieme ad un efficace sviluppo del carattere dei personaggi. Quel film è diventato un cult proprio per via dei suoi protagonisti: credibili, divertenti e ben strutturati. Tutti possiamo immedesimarci in quei ruoli e in quelle dinamiche, questo fa la differenza, ieri come oggi».

 

Tutt'altra atmosfera in «La casa di Jack» di Lars Von Trier, in cui interpreta un serial killer: meglio le commedie? «Non mi reputo un attore comico, non amo far ridere attraverso le battute, ma trovando una mia vena ironica. Amo le sfide e il film di Lars lo è stata. Si tratta di un film molto oscuro, che riflette sulla dietrologia della cattiveria umana, richiamando anche a L'inferno di Dante». Il suo ultimo ruolo è stato quello di Marlon Brando in «Maria» di Jessica Palud sulla storia della Schneider, che, diciannovenne, venne scelta come protagonista di «Ultimo tango a Parigi» di Bertolucci. «Brando è uno dei miei modelli e ho visto talmente tante volte quel film per me un capolavoro che mentre giravamo ricordavo alcune scene a memoria, nonostante il nostro lavoro fosse incentrato sulla storia di Maria. Credo che lei abbia sofferto davvero su quel set, aveva anche una serie di problemi personali da affrontare. Si trattava del 1972, lei era una giovane ragazza e Brando e Bertolucci avevano un loro modo di lavorare, che non le rese possibile integrarsi con loro. Ci sarebbe da aprire un lungo dibattito sul tema... Oggi si lavora diversamente: io sono contro la censura, e, allo stesso modo, contro la violenza sulle donne». Davvero ha fatto l'attore per caso? «L'arte è come l'amore: un mistero. Un giorno non sono andato a scuola non ero uno studente particolarmente bravo e saltavo spesso le lezioni e venni notato per strada da alcune signore che lavoravano ad un casting. Mi chiesero se volessi recitare nel film di Kaplan, e, ovviamente, accettai. Da lì non ho mai smesso di studiare, anche oggi. Credo che se non fossi diventato attore avrei fatto il pittore, cosa che pure è accaduta. Vengo da una famiglia di artisti, mio padre era un ritrattista, mio zio un grande disegnatore di cartoni animati, ce l'ho sempre avuto nel sangue». È impegnato su un nuovo progetto? «Un paio di mesi fa ho finito di girare un film in Senegal diretto dalla francese Claire Denis, "The fence", ispirato all'opera teatrale "Sulla soglia dei campi di cotone" di Bernard-Marie Koltès, drammaturgo francese morto giovane negli anni 80. Non conoscevo nulla dei suoi lavori finché non sono stato scritturato per questo film. Io interpreto un capo-cantiere che trova un cadavere nell'edificio in costruzione. È un tipo molto attento e teme che si tratti di omicidio. Spero esca presto al cinema, anche in Italia, che per me è una seconda casa, infatti resterò qui in vacanza fino alla fine di luglio, amo la costiera». E, a proposito: quello di Mat Dillon è l'ennesimo colpo del piccolo festival di Vico Equense, dopo Abel Ferrara e Giancarlo Esposito, peraltro arrivato in compagnia di Susan Sarandon.

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