giovedì 7 novembre 2013

Sassolini nelle scarpe su tessere, congressi e primarie

di Manuela Sammarco da qdrmagazine.it 

Caos tesseramenti nel Pd, mentre si celebrano i congressi provinciali nella discreta indifferenza del paese che semmai attende le primarie di dicembre. Tessere scontate, tesseramenti lampo e fiume allo stesso tempo, truppe cammellate, gran protagoniste del momento. Confusione nelle circolari organizzative. È triste ammetterlo ma per chi ha un minimo di confidenza con le dinamiche partitiche, ristretta anche solo degli ultimi anni, sembra la cronaca di un problema annunciato, anzi denunciato, a lungo e a ogni occasione: primarie, congressi locali, nazionali. A riguardo qualcuno si può togliere qualche sassolino dalla scarpa ora. Il primo: quindi non era colpa dello strumento delle primarie se a Napoli s’è verificato il caso dei cinesi o altri casi non dissimili in Calabria e Sicilia. Quindi quella del registro chiuso degli elettori non era un’idea risolutiva a riguardo. Quindi, il congresso, con i suoi regolamenti, non è poi così immune contro le “infiltrazioni”. Il secondo sassolino. Allora, quando situazioni simili a quelle viste in questi giorni, accadevano durante le primarie la colpa si dava prevalentemente allo strumento; oggi si comincia a darla ai candidati locali o nazionali (tra questi ultimi in modo strisciante a uno in particolare, ma è un dettaglio). E invece, allora come oggi, soprattutto a livello locale, sappiamo che le truppe cammellate sono assai autonome dal livello nazionale, capaci camaleonticamente di passare dal sostegno per uno al sostegno per l’altro in base solo all’interesse e alla capacità di sopravvivenza dei quadri intermedi. Però non sembra coerente criticare lo strumento quando conviene e negli altri casi le persone.
 
Il terzo sassolino. Si tratti di primarie o congressi, dinamiche come quelle che imbarazzano i democratici in questi giorni trovano naturali anticorpi in partiti locali che funzionano bene, democraticamente e che sanno rinnovarsi in modo fisiologico. Invece quello cui abbiamo assistito negli ultimissimi anni è un lento logoramento di alcune strutture locali, pure al netto di uno straordinario impegno volontario di iscritti ed elettori: basti pensare ai numerosi commissariamenti dei partiti regionali e provinciali (la Calabria e il Lazio, per esempio, per tacere del solito esempio napoletano); basti pensare al numero delle tessere crollato niagaricamente. Proprio in quella ditta che della difesa della struttura faceva un tratto identitario. E di quel calo non si può dare la colpa solo ai 101. Ogni coordinatore di circolo può raccontare un trend negativo dei tesseramenti che inizia prima della vicenda delle elezioni del capo dello stato. Anche dove il Pd alle elezioni comunali o nazionali vince. Un’indiretta domanda di novità. Si può avanzare allora qualche dubbio sull’utilità della tessera come metro della partecipazione politica di un singolo o di una comunità e dunque, per esteso, sull’utilità della fase congressuale che precede le primarie e che si basa sui tesserati. Ultimo sassolino. Se primarie e congressi presentano gli stessi problemi, quale l’utilità di articolare un sistema così farraginoso per eleggere il segretario nazionale del Pd? Se i numeri dei tesseramenti sono così bassi, se non sono cioè sufficientemente rappresentativi di un territorio, sarà davvero legittimante questo voto congressuale per un quadro intermedio, come per esempio un segretario di una federazione provinciale? Non si vuole in questo modo sminuire l’importante valore dell’adesione a un partito sia nei termini del sostegno economico sia nei termini del segno di appartenenza forte a una comunità caratterizzata da unità di prospettive e intenti politici. Ma davanti ai casi di tesseramento farlocco di questi giorni è lecito chiedersi: chi è il vero aderente a un partito? Chi paga una tessera ma non frequenta il circolo, è estraneo alle campagne locali e nazionali ma può comunque far valere il suo diritto acquisito di voto in fase congressuale? Chi segue l’attività del partito con passione sui social network e di tanto in tanto fa una donazione, ma non ha la tessera? È chiaro: si tratta di casi limite, in mezzo ai quali ci sono miriadi di sfumature. Tutte però interrogano il Pd: per quel che riguarda l’aspetto economico della tessera, sui necessari ripensamenti dei finanziamenti ai partiti; per quel che riguarda le forme dell’adesione al progetto, sui necessari aggiornamenti in termini di offerta politica. Discutiamo ora sui corretti metri della partecipazione. Per non trovarci ai prossimi congressi con gli stessi problemi, le stesse recriminazioni e magari le stesse facce attonite. E la tentazione di dare la colpa a qualcuno e non a noi stessi incapaci di cambiare ciò che non va nel partito al quale aderiamo.

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