di Salvatore Guida
Vico Equense - Quando ero ragazzo la coscia del pollo toccava al papà perché era quello che doveva lavorare. Quando sono diventato papà la coscia toccava al figlio perché doveva studiare. Adesso che sono nonno la coscia tocca ai nipotini perchè devono crescere. Questa è la vita dei nonni nati prima del 1950, la coscia di pollo è l’emblema dei nostri sacrifici, delle rinunce e delle privazioni.
Siamo nati nel dopoguerra, la fame in giro era tanta, si vedeva, si toccava e si sentiva. Pane e olio a merenda, patate e fagioli a pranzo e, se rimanevano, a cena. La carne si vedeva col cannocchiale. Siamo quelli della generazione del Per favore, dell’ Arrivederci, del Grazie Tante, del Chiedere il permesso. Quelli che sigillavano un patto con una stretta di mano. Da giovani, pieni di speranze, abbiamo fatto il ’68. Abbiamo partecipato alla ricostruzione, alla modernizzazione ed alla crescita dell’Italia. Abbiamo costruito un paese più civile, ricercato un futuro migliore, inseguito caparbiamente il rinnovamento. Tanti anni consacrati al “Dio risparmio” inculcatoci sapientemente dai nostri genitori, sempre con la paura di non farcela. Per primo, da costruire c’era la casa, poi la famiglia, poi i figli da mandare all’università. Insomma per noi non c’è stato, quasi mai, tempo! Fin dal mio primo lavoro, da donna Immacolata dell’Hotel Aequa per 1500 lire al giorno, circa 80 centesimi attuali.
Oggi che siamo custodi di ricordi e aneddoti che non devono andare perduti, rappresentanti delle generazioni che hanno vissuto tutto un altro mondo rispetto al nostro, per la nostra festa non ci aspettiamo regali dispendiosi. Ci basta non essere esaminati se insistiamo con i consigli, non essere considerati un peso se accusiamo i primi acciacchi, non essere considerati parassiti se andiamo allo sportello a ritirare la pensione. E per quel poco o tanto quello che facciamo, come compenso ci basta soltanto la gioia di trascorrere del tempo con i nostri nipotini.
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