di Giuseppe Guida - La Repubblica Napoli
La rimozione dei problemi, facendo finta casomai di averli risolti, è una delle tecniche di governance cui si è più adusi a queste latitudini. Quando però la rimozione riguarda problemi troppo grandi per non essere visti diventa un fatto di tipo politico, e la gravità della responsabilizzazione aumenta a dismisura, assieme alla certezza che la questione rimossa tornerà più ampia di come la si era lasciata. È il caso di alcuni grossi "fatti" territoriali della Campania. Castellammare di Stabia è uno di questi. Con più di 60mila abitanti e un territorio di quasi 20 kmq, essa rappresenta quella che nelle scienze regionali si definisce una "centralità" per un'area molto più vasta, da Pompei fino al confine con l'agro nocerinosarnese. Gli scavi dell'antica Stabiae, mal valorizzati, la piantano nella storia millenaria e i cantieri navali, uno dei fiori all'occhiello di Fincantieri, con commesse almeno fino al 2027, muovono un pezzo non irrilevante del Pil regionale. Eppure in questa città è assente il buon governo. I continui (e a volte patetici) contrasti tra le forze politiche contrapposte e, sovente, all'interno della medesima parte politica, in aggiunta a infiltrazioni malavitose a diversi livelli, garantiscono una costante assenza di un governo cittadino autorevole. Assenza che interrompe i programmi di sviluppo, frammenta la pianificazione, indebolisce al limite del ridicolo il controllo del territorio, umilia la possibilità di impresa, lasciandole una sopravvivenza di rendita, fatta di paesaggio, lacerti di turismo, buona cucina, edilizia di piccolo cabotaggio e commercio.
L'elenco delle occasioni perdute da questa città, nel disinteresse di gran parte della politica e delle istituzioni di livello superiore, è veramente lungo e meriterebbe uno studio più attento. La riqualificazione dell'area della ex-Cirio, in pieno centro cittadino e che susciterebbe gli appetiti di qualsiasi impresa seria, è ferma al palo, per incapacità gestionale e progettuale e per i soliti problemi di malaffare. Anche la programmazione complessa e cofinanziata si è spesso risolta in progetti di carta e chiacchiere. Programmati, ri-programmati e rifinanziati più volte, gli interventi del programma Più Europa, per esempio, solo in una parte marginale sono stati realizzati. L'incertezza istituzionale si manifesta anche nella mancata realizzazione del Bacino di costruzione dei cantieri navali, che moltiplicherebbe le commesse, gli addetti e le prospettive di futuro. Il governo del territorio è affidato al vecchio Piano Regolatore del 2007 e, nonostante gli obblighi di legge e le minacce di commissariamento da parte della Regione, si è ben lungi dall'approvare un nuovo Puc, in grado di invertire la visione di questa città come terra di conquista con interventi più o meno legali, e rilanciarla come porta della Penisola Sorrentina, fucina di cultura, a partire dal teatro, e città con servizi e attrezzature per un vastissimo territorio, come l'Ospedale San Leonardo. Il tutto in attesa del Piano regolatore portuale cui l'Autorità Portuale del Tirreno Centrale sta lavorando come se non si trattasse, anche qui, di una necessità. Su questo scenario si collocano le prossime elezioni politiche che porranno termine all'ennesimo commissariamento. Osservare il dibattito dall'esterno non induce a considerazioni positive. Soprattutto si nota l'assenza (la strafottenza, quasi) dei livelli di rango superiore dei partiti e delle istituzioni, che invece di guardare Castellammare come un nugolo di potenzialità sovralocali, paiono derubricare la questione a scaramuccia locale. Atteggiamento irricevibile, che apre lo spazio alle ampie parti grigie che infestano la città e il suo intorno, vista come terra di conquista da tenere inchiodata alle sue fragilità, all'incapacità cronica di amministrare e all'incertezza e insuccesso di qualsiasi progetto. E in questa confusione, sul modello "add insult to injury", come dicono gli anglosassoni, in cui nessuno coordina, nessuno si assume in toto le responsabilità e nessuno imprende, si sentono cose come l'ipotesi balzana di demolire il Complesso Termale al Solaro, opera di Carlo Cocchia, un'idea stolta già denunciata da Massimiliano Rendina su queste pagine. Castellammare è una questione, quindi, che non può essere più rimossa. E, se anche solo per una casualità, le forze politiche e gli altri attori coinvolti invertissero i loro paradigmi e l'idea che hanno (se ce l'hanno) del futuro di questa città, allora alcuni nomi che stanno emergendo da un ancora insufficiente dibattito potrebbero rappresentare una novità ed una svolta.
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