mercoledì 28 febbraio 2024

Vico Equense. L’acquasantiera della cappella di S. Paolo Apostolo a Moiano

di Don Pasquale Vanacore, Direttore Ufficio Beni Culturali Arcidiocesi Castellammare-Sorrento

Vico Equense - Salendo da Vico Equense per l’ottocentesca strada Raffaele Bosco, dopo aver superato le frazioni o casali di Bonea, S. Andrea, Massaquano e Patierno, tra le prime case di Moiano, nel rione che proprio da essa prende nome, si incontra sulla sinistra la cappella di S. Paolo Apostolo. La sua facciata, sormontata da un piccolo campanile a vela, è semplicissima come quelle di tutte le cappelle di campagna; il colore stinto ed il legno della porta in cattive condizioni evidenziano un lungo abbandono. Il primo documento che ne parla è un istrumento del notaio Leone Buonocore del 18 febbraio 1491, ma la sua fondazione, ad opera di un ramo della famiglia Cioffi di Massaquano, è certamente più antica perché già nell’atto del 1491 essa appare esistente da tempo. Posta sulla strada principale che, allora come oggi, collegava Vico a Moiano e in prosieguo, per il valico di S. Maria del Castello, a Positano, era preceduta da un atrio coperto che fu distrutto negli anni Settanta dell’Ottocento, quando la strada fu allargata; anche il livello stradale fu abbassato di circa un metro e queste manomissioni causarono il dissesto statico dell’edificio, per cui si aprirono profonde lesioni che furono riparate alla meglio. Anche il suo interno è semplicissimo: un’aula rettangolare ricoperta da antiche volte goticheggianti, con un solo altare di fabbrica sormontato da una stampa di carta colorata raffigurante il Santo titolare, laddove le Sante Visite Pastorali dei vescovi, di Vico prima e di Sorrento poi, descrivevano un prezioso dipinto su tavola raffigurante la Madonna tra i Santi Pietro, Paolo e Lucia; devozione, quest’ultima, propria e peculiare dei Cioffi di Massaquano, patroni della più celebre cappella dedicata alla Santa siracusana, affrescata da un pittore tardogiottesco.

 

I Cioffi avevano anche dotato la cappella di un beneficio con un legato di messe da assegnarsi di volta in volta ad un presbitero della loro casata; esso doveva consistere principalmente nella masseriache degrada verso il Rivo dei Vergini, retrostante il sacro edificio. In seguito alle leggi eversive emanate dal nuovo stato italiano dopo l’Unità, anche i beni della cappella di S. Paolo furono incamerati ma, trattandosi di un beneficio laicale, i discendenti del fondatore riuscirono a svincolarli. Non potendo ridonarli alla chiesa, nel 1893, il sacerdote don Domenico Cioffi li cedette in enfiteusi ad una famiglia di coloni del posto, stabilendo che, con il ricavato del fitto annuale, si continuasse a mantenere la cappella e gli oneri di messe. Con la svalutazione della moneta e, soprattutto, per il disinteresse delle generazioni successive, la rendita si polverizzò e l’edificio rimase a carico della parrocchia di S. Renato di Moiano. In tanta nudità era però nascosta una perla preziosa, per fortuna sfuggita ai ladri che negli scorsi decenni hanno saccheggiato le nostre chiese: una acquasantiera in marmo bianco posta a destra dell’entrata, sostenuta da una colonnina anch’essa di marmo, appoggiata, a sua volta, su un capitello ribaltato di tufo grigio locale. Il pezzo più importante di questo curioso assemblaggio è senza dubbio la fonte dell’acqua benedetta ricavata da un unico blocco di marmo, di forma leggermente trapezoidale, delle dimensioni di circa 29 centimetri per 27 per la parte superiore e di 25 per 25 per la parte inferiore e di profondità di 18 centimetri e mezzo; sulle facciate lunghe da un lato presenta una raffigurazione a bassorilievo della predica di S. Giovanni Battista e dall’altro lato un’anfora con due manici; su entrambi i lati corti una decorazione a fogliami tipica del XIV secolo. Interessante la scena principale: tra due alberi è raffigurato il Precursore in maniera classica, con la sua veste di peli di cammello da eremita del deserto, che con la mano destra indica l’Agnello di Dio e con la sinistra stringe il rotolo della scrittura. Alla base dell’albero posto alla sinistra del Santo vi è una scure, che evoca le infuocate parole della sua predicazione invitanti ad una conversione non più rimandabile, riportate dal Vangelo di Matteo al capitolo terzo: Già la scure è posta alla radice degli alberi. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me ed io non sono degno neanche di portargli i sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Sul lato opposto dell’acquasantiera è raffigurata a bassorilievo un’anfora a doppio manico che allude all’acqua lustrale. La presenza di S. Giovanni Battista che predica la conversione su una acquasantiera certamente è pertinente, visto il rapporto del Santo con l’acqua del fiume Giordano in cui battezzò lo stesso Gesù ed il richiamo dell’acqua delle fonti poste all’ingresso delle chiese cattoliche al battesimo ed alla purificazione dai peccati; tuttavia tale raffigurazione non è per nulla frequente. Per questo motivo si può ipotizzare la provenienza della vasca dalla chiesa parrocchiale di Massaquano, dedicata a S. Giovanni Battista ed edificata dalle famiglie Cioffi di quel casale agli inizi del XIV secolo in stile gotico e poi continuamente restaurata, ingrandita ed abbellita nel corso dei secoli. Nulla vieta di pensare che in uno di questi passaggi, soprattutto quando lo stile gotico ed i suoi prodotti furono ritenuti superati da quelli rinascimentali e barocchi, qualche esponente della famiglia abbia trasportato la vasca dalla chiesa di Massaquano alla cappella di Moiano; ciò spiegherebbe anche la necessità sopraggiunta di creare un supporto per sostenerla e quindi di assemblare un capitello di tufo ed una colonnina spezzata, probabilmente prelevati dalla stessa chiesa di S. Giovanni, per l’evenienza. Nel gennaio dello scorso anno 2022, per mettere al sicuro il prezioso manufatto e tenendo conto anche del peggioramento del quadro fessurativo della cappella, continuamente sollecitata dal passaggio di mezzi pesanti, a cura dell’Ufficio Diocesano dei Beni Culturali e con i debiti permessi della Soprintendenza, si è proceduto a smontare l’acquasantiera e le sue pertinenze e a mettere tutti i pezzi a deposito nella chiesa parrocchiale di Moiano, in attesa di poter procedere ad un consolidamento e restauro sia dell’edificio sia dei pezzi rimossi. Tale auspicabile restauro sicuramente permetterà uno studio più approfondito con l’acquisizione di maggiori informazioni che potrebbero rivelare qualche piacevole sorpresa, poiché la vaschetta ricorda molto nelle forme un’urna cineraria romana. Questa potrebbe forse essere stata reimpiegata come pila dell’acqua santa.

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