domenica 18 febbraio 2024

De Luca non si scusa ma rilancia «Per fermarmi devono sparare»

Dopo l'assalto alla Capitol Hill romana, il presidente attacca: «Il vero insulto è quello del Governo» 

di Angelo Agrippa - Il Corriere del Mezzogiorno

«Non arretreremo di un millimetro. Come ho detto ad un funzionario di polizia: la prossima volta mi devono solo sparare in testa se mi vogliono fermare. Mi auguro che i problemi che abbiamo posto trovino una discussione di merito al di là del gossip e che ci sia concesso il diritto di difendere le nostre imprese e i nostri figli vedendo rispettata la nostra dignità, nulla di più e nulla di meno». Il giorno dopo l'attacco alla Capitol Hill romana, lo sciamano Vincenzo De Luca - senza orpelli decorativi e copricapo vichingo - gonfia ancora di più il petto, confermando che della sua condotta nulla è lasciato al caso, ma tutto è meticolosamente studiato, compresa la farcitura delle sue piccanti invettive: persino quando esse scivolano rovinosamente nell'insulto come è accaduto sul divanetto del Transatlantico di Montecitorio. Ieri, lo sciamano dell'assedio alle vongole alla Capitol Hill nostrana, dinanzi alla sensibile platea dal Sannazaro, non ha ritenuto di chiedere scusa per l'offesa alla premier. Anzi, ha tentato addirittura di derubricarla a gossip e a innocua battuta di spirito. «Il vero insulto non è quello mio alla Meloni - ha aggiunto - ma quello che è stato fatto dal Governo a voi operatori culturali, che non potete programmare per i ritardi che abbiamo accumulato. Ho parlato in piazza Santi Apostoli per un'ora e non ho offeso nessuno. Hanno fatto uscire un fuori onda, mentre ero a Montecitorio a bere un bicchiere d'acqua. Su una cosa detta a mezza voce, oggi ci sono i titoli principali dei giornali.

 

Siamo alla follia. Siamo in un Paese malato di conformismo e opportunismo e in cui l'opinione pubblica sembra aver perso la ragione critica. Ci si è ridotti a un titolo su una battuta». Immergendosi, quindi, nella reinterpretazione in stile trumpista degli eventi, il presidente della Campania prova a manipolare le parole, distorcendone il valore e sottomettendole ad una torsione semantica pur di uscirne indenne, senza l'obbligo di doversi giustificare per gli insulti. «Preparatevi a una campagna di mistificazione, di diffusione di menzogne e di diffamazione - ha arringato la folla, inculcando il sospetto di un nemico che si prepara a tendere agguati proditori - perché non hanno motivi per reggere questa situazione. Preparatevi a un'ondata di notizie false: questo fa parte di una tecnica antica, quando si colpivano i diritti e le libertà. Noi siamo andati a Roma da cittadini italiani a rivendicare i nostri diritti e la possibilità di lavorare in pace». Certo, fa specie osservare l'imbarazzo delle disarmate e silenti schiere del Pd, prima umiliate dal presidente campano e poi stritolate dal suo intraprendente attivismo populista, tanto da aver costretto quelli che erano i suoi bersagli a fargli, l'altro ieri, da rimorchio nella marcia su Roma. Nel vuoto pneumatico di idee e imprese nel quale fa finta di agitarsi il mondo politico, De Luca ha sterminate praterie nelle quali cavalcare indisturbato. Il primo ad esserne convinto è proprio lui, pronto ad ingaggiare la battaglia sul terzo mandato, al di à dei veti: «Questo è il Governo Meloni-Badoglio. Sono scappati tutti - ha continuato a infierire - A Roma c'erano migliaia di persone in piazza e il Governo è stato totalmente assente, abbiamo chiesto più volte di essere ricevuti tra Palazzo Chigi, la sede del ministero della Coesione e Montecitorio, ma l'unico rappresentante che ha difeso la dignità delle istituzioni è stato il prefetto di Roma». De Luca avverte lo stesso entusiasmo guascone di chi è abituato a fare strike, ogni volta che punta il castello di birilli. Non ne lascia in piedi neanche uno. È il turno, infatti, anche del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, con il quale pure aveva mantenuto un dialogo rispettoso. Invece, «è stato latitante per tutta la giornata, nonostante la situazione che si era creata a Roma. La mia solidarietà va alle forze dell'ordine, che non sapevano come comportarsi». Lo scontro, lo abbiamo detto e ripetuto, è molto più serio di quanto appaia: si tratta di gestire tanti miliardi del FSC sul quale il Governo, ora, vorrebbe mettere becco, orientando gli investimenti e condividendo i progetti. «Chi governa - ha concluso De Luca - non può monopolizzare le risorse per ricattare i cittadini, ci sono delle regole fondamentali in una vita democratica. Il potere è rispettare i diversi ruoli istituzionali. Lo scontro che abbiamo con il Governo non è fra maggioranza e opposizione, fra Nord e Sud, ma è per il carattere della democrazia: in Italia stiamo perdendo le regole fondamentali». Appunto.

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