sabato 29 marzo 2008
La Rai dei comunisti
Chiedere che gli elettori italiani possano assistere allo scontro finale dei due leader dei principali schieramenti è la regola di un paese normale. Sarebbe il compimento della tanto bistrattata par-condicio, pretestuosamente chiamata in causa dal centrodestra per sottrarre Berlusconi allo show cruciale. Sarebbe un atto di doveroso rispetto per quei sedici milioni di telespettatori che seguirono, nel 2006, il duello tra Prodi e Berlusconi: la stessa imponente platea pronta a tornare davanti al piccolo schermo. A due settimane dal voto del 13 aprile, la televisione torna al centro della contesa elettorale. Il guanto di sfida lanciato da Veltroni, quel «dove vuole, quando vuole, come vuole», pur di ottenere il faccia a faccia in tv, e costringere il Cavaliere nell'angolo, è una buona battuta a cui manca il resto del copione. Che stanno gia scrivendo. Perché il giorno dopo le elezioni, chiunque le vinca, si prenderà cura di mantenere l'anomalia berlusconiana. Già si dà per scontato che nei primi mesi dopo il voto l'attuale consiglio di amministrazione della Rai sarà prorogato, mentre l'ex ministro Gasparri tesse le lodi del presidente della Rai Claudio Petruccioli, proponendo di rieleggerlo. Il segno di una assoluta continuità con il recente, e fallimentare, passato. Confermato da un conformismo asfissiante di una Rai che accarezza i partiti nel momento in cui dovrebbe metterli sulla graticola di fronte agli elettori. Per la partigianeria dell'informazione targata Mediaset bastano i dati ancora freschi di stampa. Nella fase iniziale della campagna elettorale, il leader del Pd ha corteggiato l'elettore moderato facendo del post-berlusconismo la sua bandiera. Ora che siamo in vista del traguardo deve alzare la temperatura e agganciare la sinistra astensionista con la febbre dell'antiberlusconismo. L'elettorato più impegnato e informato, deluso dall'incapacità del governo Prodi di cambiare la legge Gasparri, respinto dall'intesa cordiale di Veltroni con Berlusconi sulla riforma elettorale, dovrebbe farsi conquistare dalla scelta di cavalcare la tigre del duello televisivo a ogni costo. E fino al punto di accettare che il faccia faccia possa svolgersi anche nelle televisioni del Cavaliere, nel cuore pulsante di un conflitto di interessi, mai nominato dall'inizio della campagna elettorale. Anzi smentito mediaticamente proprio da Veltroni quando, per rassicurare gli uomini di Mediaset, è andato al Tg5 per confermare al direttore di quel tg che nessuna riforma avrebbe in alcun modo toccato le televisioni del monopolio privato. Difficile produrre un miracoloso sussulto di partecipazione del popolo astensionista. Gli unici che possono realmente sollecitare un'onda antiberlusconiana sono i berlusconiani medesimi, ogni volta che gridano, come si ripete in modo petulante in queste ore contro la Rai «genuflessa ai comunisti». (Norma Rangeri il Manifesto)
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