Vico Equense - Sembra un serpente che si snoda nel verde brunito di ulivi e alberi d'arancio. Ma è un viadotto. Squarcia il vallone che si apre verso l'azzurro della Marina di Equa, comune di Vico Equense. Doveva essere usato come strada di sfogo per il cantiere di un depuratore, ma è stato costruito quando al cantiere non serviva più. Allora il sindaco di Vico Equense, Gennaro Cinque, centrodestra, l'ha convertito come via alternativa ad un'antica strada che porta verso il mare e che d'estate è assai trafficata. Una buona idea? Chissà. Peccato che il viadotto sia largo 3 metri, compresi i muretti, troppo pochi: il codice della strada vieta dimensioni così strette.
Il viadotto non è mai stato utilizzato né mai lo sarà. È costato 60 milioni. E ancora nelle settimane scorse il consiglio comunale di Vico Equense ha bocciato una mozione dell'opposizione che chiedeva di demolirlo. No, è inutile, ma ce lo teniamo. La tortuosa storia del viadotto inizia nel 2006, quando il Commissario di governo per l'emergenza bonifiche avvia la costruzione di un depuratore a Punta Gradelle. Nel progetto è prevista una strada. I camion la percorreranno per portar via dal cantiere i fanghi da essiccazione. Fin da subito, però, si capisce che l'amministrazione comunale vuol destinarla ad altro, i soldi ci sono e allora perché non offrirla come alternativa a chi torna dal mare? Senza che si chiarisca la destinazione, i lavori vanno avanti, si taglia la vegetazione, si affondano i piloni nella terra, l'antico vallone viene stravolto.Ma è mai possibile, molti si domandano, che tutto questo accada impunemente? In effetti la Soprintendenza ai beni paesaggistici in un primo momento solleva forti obiezioni:
"Il predetto progetto è in contrasto con la normativa dettata dalla Legge regionale n. 35", cioè il Put, il piano urbanistico territoriale della Penisola sorrentino-amalfitana risalente al 1987. E anche l'Autorità di Bacino esprime "notevoli perplessità" per l'equilibrio idrogeologico. Successivamente, però, la Soprintendenza cambia parere e indica solo una serie di prescrizioni: la larghezza della strada non deve superare i 2,5 metri, il rivestimento deve essere in pietra calcarea a vista e invece che da piloni il viadotto dev'essere sorretto da arcate.
Il viadotto procede la sua marcia. Invece che pietre calcaree, costose e faticosamente reperibili, si prendono dei pannelli prefabbricati con incisa la forma delle pietre. Una messinscena, un posticcio, lamine di cartapesta. E pannelli prefabbricati servono anche per far vedere che ci sono le arcate.
A un certo punto i lavori si fermano. Il viadotto resta lì, senza una funzione, inservibile, costosissimo sfregio. I gruppi di opposizione in consiglio comunale hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti ipotizzando il danno erariale. Che almeno la truffa venga risarcita se proprio non si può risarcire un paesaggio. (Fonte: La Repubblica)
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