Comparto alimentare, Confesercenti: anche il vino in pericolo Fa eco il sindacato: «Molte imprese potrebbero delocalizzare»
di Paolo Picone - Il Corriere del Mezzogiorno
Napoli - Negli Stati Uniti la mozzarella di bufala campana rischia di costare come un diamante. O, per restare in tema, come un anello di fidanzamento: 60 euro al chilo. Altro che oro bianco, stavolta parliamo di "oro Dop". L'aumento dei dazi doganali al 15% sancito dall'accordo tra Unione europea e Usa potrebbe trasformare un simbolo dell'eccellenza campana in un bene di lusso per pochi intenditori americani. Rischia di trasformarsi in un boomerang per l'economia campana. A lanciare l'allarme è Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania e vicepresidente nazionale con delega al Mezzogiorno: «L'intesa può apparire una vittoria per l'Europa, ma per noi rappresenta una minaccia concreta. Le aziende campane che esportano negli Stati Uniti sono circa 40 mila, con un fatturato complessivo annuo di 1,9 miliardi di euro. I nuovi dazi potrebbero gravare per 280 milioni di euro l'anno sulle nostre imprese». Una mazzata che rischia di abbattersi su comparti strategici per il tessuto produttivo regionale. Farmaceutica, agroalimentare, moda e calzature sono i settori maggiormente esposti. Beni d'eccellenza, simboli del made in Campania nel mondo, ora rischiano di diventare meno competitivi Oltreoceano a causa del rincaro dei prezzi finali per i consumatori americani.
«Prendiamo un prodotto simbolo come la mozzarella di bufala campana - aggiunge il numero uno di Confesercenti Campania - oggi venduta negli Usa a circa 45 euro al chilo. Con l'aumento dei dazi, il prezzo potrebbe salire fino a 60 euro. Lo stesso vale per il vino campano, che attualmente si aggira sui 40-50 dollari a bottiglia. È lecito chiedersi se i consumatori americani continueranno ad acquistare a questi prezzi o si orienteranno verso alternative più economiche provenienti da Paesi con meno o zero dazi». Il rischio di una contrazione delle esportazioni appare tutt'altro che remoto. Con ricadute potenzialmente drammatiche sull'occupazione. «Una flessione del fatturato estero - sottolinea ancora Schiavo - si tradurrà inevitabilmente in licenziamenti e tagli al personale. Per questo Confesercenti Campania chiede al governo nazionale di intervenire tempestivamente con misure di sostegno alle imprese esportatrici. Anche la Regione Campania deve fare la sua parte, adottando strumenti di supporto economico e fiscale». Una preoccupazione condivisa anche dal fronte sindacale. Il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, esprime forte scetticismo sull'accordo siglato in Scozia: «La Campania rischia di pagare un prezzo doppio. Tre settori nevralgici - agroalimentare, farmaceutico e automotive - subiranno contraccolpi importanti. E non si tiene conto della svalutazione del dollaro né dell'aumento dei costi di spedizione». Il comparto farmaceutico, ad esempio, conta in Campania numerose multinazionali che producono sul territorio per esportare negli Usa. Per non parlare dell'agroalimentare, dove circa il 30% della produzione regionale è destinata proprio al mercato americano. «Molti imprenditori del Sud - avverte Ricci - potrebbero valutare la delocalizzazione delle attività negli Stati Uniti, attratti dalle promesse di Trump su tasse azzerate e infrastrutture gratuite. Uno scenario pericoloso che svuoterebbe il nostro territorio di competenze e investimenti». Il nodo dazi, insomma, apre una frattura profonda tra i vantaggi teorici dell'accordo a livello macroeconomico e le conseguenze reali sulle economie regionali. «L'intero apparato produttivo della Campania - conclude Ricci - rischia di essere penalizzato da un'intesa che ignora gli indicatori chiave: aumento dei costi, svalutazione del dollaro, pericolo di delocalizzazione e impatto sull'occupazione. Serve una strategia nazionale per difendere le nostre imprese e i nostri lavoratori».

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