Violetta Elvin |
Sorrento - L’atteso romanzo di Raffaele Lauro, sulla poetica e sul rapporto quasi cinquantennale di Lucio Dalla con Sorrento, dal titolo “Sorrento The Romance - Lucio Dalla e Sorrento”, ormai alle stampe, attende di essere presentato, a Sorrento, in anteprima nazionale, sabato 28 febbraio 2015, alla vigilia del terzo anniversario della scomparsa del grande artista bolognese, prima dell’appuntamento romano, in Senato, il 18 marzo 2015. Abbiamo incontrato, nel corso delle feste natalizie, per gli auguri, lo scrittore sorrentino, il quale, in questa intervista, concessa in esclusiva, annunzia il progetto della sua terza opera narrativa, dal titolo “Dance&Love”, dedicata alla terra sorrentina. In particolare, questa volta, a Vico Equense. Quale sorpresa ci riserva per il prossimo anno? Nessuna sorpresa, il mio nuovo romanzo conclude la più volte annunziata “Trilogia Sorrentina”, dedicata alla nostra amata costiera, attraverso la storia, la fede religiosa, la poesia, la musica, la danza e l’amore. L’Amore rappresenta l’approdo di questa mia seconda trilogia narrativa (la prima, pubblicata con Lancio Editore, negli anni Novanta, fu l’Elogio della Vita, dell’Eros e della Morte), in quanto riassume tutte queste espressioni dello Spirito, interiormente collegate, attraverso le vicende, umane e artistiche, di alcuni personaggi, a Sorrento e alla Penisola Sorrentina. Dal particolare all’universale. Dall’umano al sovrumano. Non è un caso se Angela Barba abbia scelto di intitolare il suo saggio critico, su tutto il mio lavoro narrativo, con l’espressione “L’Universo Amore”. Di questo Le sono, e non poco, grato. In effetti, “Sorrento The Romance” ha strappato all’oblio dei contemporanei la tragedia del sacco turco di Massa Lubrense e di Sorrento del 13 giugno 1558, attraverso le vicende tormentate e drammatiche del nobile sorrentino, Marino Correale. Marino Correale è frutto della mia inventiva, cioè un personaggio non storico, anche se manzonianamente verosimile. Tuttavia, il percorso esistenziale del giovane sorrentino, con la conversione all’Islam e la riconversione alla fede cattolica, ben sintetizza la metafora del conflitto tra Cristianesimo e Islam, che, nel secolo XVI, devastò non soltanto le piccole frazioni di Massa Lubrense o i decumani di Sorrento, espugnata e saccheggiata, ma l’intero Mediterraneo, conteso dalle flotte ottomane e da quelle cristiane. Se il particolare, in questo romanzo storico, è rappresentato da Marino Correale, dalla sua ricerca della verità e di Dio, l’universale si identifica con la fede in Dio, il Dio Unico, il Dio Amore, attraverso le tre religioni monoteiste, la cui strumentalizzazione, per ragioni di potere, insanguina la Storia. La storia e la fede, il binomio del primo romanzo, come rimando culturale alla mia formazione filosofica crociana.
Da un personaggio del tutto inventato, ancorché verosimile, ad un personaggio reale, storico, come Lucio Dalla, il quale è rimasto, a tre anni dalla scomparsa, nel cuore di tutti i sorrentini e che ha donato a Sorrento una melodia immortale, “Caruso”, conosciuta in tutto il mondo. Come si realizza questa continuità sorrentina in “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”? Non vedo differenze tra l’amore per Sorrento, che sostiene gli ostaggi sorrentini, portati ad Istanbul, nel corso della dolorosa prigionia, prima di ritornare, riscattati e liberi, nella loro terra (purtroppo pochissimi!) e l’amore di Lucio Dalla per Sorrento, calato nei primi due versi, fulminanti, del suo capolavoro. Senza Sorrento, la poetica di Lucio non si comprende. Senza Sorrento non sarebbe stato creato “Caruso”. Il secondo romanzo della trilogia colma una lacuna enorme della biografia dalliana e di tutti i tributi dedicati al grande artista: pubblicistici, televisivi, radiofonici, celebrativi, documentaristici e filmici. Sorrento è stata omessa per ignoranza, per incultura o per mancanza di ricerche accurate? Nelle biografie su Dalla, Sorrento sembra emergere, per caso e in breve, a causa di un’avaria alla barca del cantante, mentre Lucio a Sorrento è arrivato, da giovanissimo, a suonare, con i Flippers, nel Fauno Notte Club di Franco e di Peppino Jannuzzi. E si è legato, da allora, alla nostra città, per sempre, definendola, ripetutamente, “l’angolo vero della mia anima’. Sorrento e l’infanzia di Lucio sono le due grandi omissioni, che, in questo romanzo, cerco di recuperare. Senza di esse, la poetica dalliana sarebbe mutilata. Quale binomio universale emerge da “Caruso The Song”? Il binomio tra la poesia e la musica, cioè tra le espressioni più alte e sublimi della creatività umana, che Lucio riesce, nelle sue canzoni, a fondere in un processo continuo di contaminazione tra culture e mondi musicali diversi. “Caruso” rappresenta, musicalmente, in forma irripetibile, la contaminazione tra la canzone napoletana e la lirica, il melodramma italiano. Sul piano poetico, il celebre tenore Enrico Caruso diviene così il simbolo della dialettica tra la vita e la morte, tra Eros e Thanatos, mitigato, quest’ultimo, per un attimo, solo per un attimo, dal ricordo del successo passato e dalla bellezza della natura sorrentina. Come nasce, dopo Lucio Dalla, la terza parte della “Trilogia Sorrentina”? In verità, mi mancava l’ultimo tassello per completare la celebrazione della mia terra: la costiera sorrentina. I miei nonni materni scesero dalle colline vicane per trasferirsi prima a Sorrento e, poi, a Sant’Agnello. Dopo Massa Lubrense, Sorrento, Sant’Agnello, Piano e Meta, ricercavo, quindi, un filo rosso che mi consentisse di esaltare la perla più completa della costiera, dal punto di vista naturalistico: Vico Equense. Dall’alto monte alle colline, dal piano, fin giù, alle marine. Non esiste, al mondo, un luogo che raccolga, in un’area tanto limitata, una simile sintesi naturalistica. Tuttavia, non riuscivo ad individuare un personaggio reale, che mi conducesse per mano. Ero in difficoltà. Stavo ripiegando su un’altra invenzione, quando è avvenuto il terzo miracolo... la provvidenza! Miracolo? Provvidenza? Può essere più chiaro? Anche se di formazione crociana, io rimango un provvidenzialista, convinto. Non è il caso, per me, che muove la storia, o le passioni degli uomini. Il primo romanzo mi è stato ispirato, di notte, nella Torre della Salvezza (nell’attuale Albergo Michelangelo di Sorrento), nella quale si salvarono centinaia di sorrentini in fuga dalle scimitarre turche. Il secondo dal ritrovamento di un biglietto autografo di Dalla, che credevo essere andato perduto, in uno dei tanti traslochi ministeriali. Il terzo dalla scoperta, anch’essa provvidenziale, dell’esistenza di una personalità artistica di livello internazionale, che vive da più di cinquant’anni, a Vico Equense. In totale riservatezza. Violetta Elvin, una stella della danza classica mondiale. La signora Violetta Elvin, la quale è stata premiata, di recente, con il riconoscimento “Sorrento nel Mondo”? Esatto. Lei. Solo da poco tempo, qualcuno, in Penisola, ha scoperto questa magnifica e gratificante presenza, anche se credo che il 99% dei vicani ignori del tutto chi sia Violetta Elvin. Come arriva, a Vico, questa personalità? Questo è il nodo del romanzo, il cui titolo “Dance&Love”, simboleggia il percorso di questa donna straordinaria. Arriva a Vico, per amore. Infatti, decide, nel pieno del successo londinese, nel 1956, di lasciare la danza e sposare un vicano, conosciuto nel corso di un suo soggiorno a Vico: l’avvocato Fernando Savarese. Un matrimonio d’amore, che rappresenta il filo conduttore del lavoro e che trova, nella cornice naturale di Vico Equense, il suo habitat, il suo riflesso: dalla cima del Faito alle ascidie di Marina d’Aequa! Quindi il terzo binomio universale è rappresentato dalla danza e dall’amore? Certamente. La danza e, più in generale, l’arte. L’amore per l’arte. L’amore per una persona. L’amore per la natura. L’Amore Universale. Il triangolo esistenziale di Donna Violetta si sviluppa tra la grande madre Russia, dopo la rivoluzione bolscevica e sotto la dittatura stalinista, la Londra della ricostruzione e l’Italia, anzi Vico Equense, dal secondo dopoguerra ad oggi. Il suo percorso artistico si snoda, fino al 1946, tra gli studi di danza al Teatro Bolshoi, i primi successi moscoviti, e il trionfale decennio, dal 1946 al 1956, di esibizioni, con il Royal Ballet, a Londra e, in tournée, nei maggiori teatri del mondo. In Italia, alla Scala, alla Fenice, al Comunale di Firenze, all’Opera di Roma e anche al San Carlo di Napoli. Come si è documentato su questa grande artista? Prima di ottenere il privilegio di incontrarLa, di persona, in più incontri, nella residenza di famiglia, a picco sul mare, a Vico, e di conversare amabilmente con lei, per ore ed ore, ho studiato a fondo tutto quanto fosse disponibile sul web e nelle pubblicazioni sul balletto, sui grandi coreografi e sui maggiori compositori, a partire da Ciajkovskij. Ascoltandola, fin dal primo colloquio, tutto quanto avevo studiato si è ridotto a poca cosa, a polvere, di fronte alla travolgente ricchezza, alla geniale vivacità e all’irresistibile fascino del suo racconto. Agli inizi era quasi diffidente, nonostante il figlio Antonio e l’amico Salvatore Ferraro, che non cesserò mai di ringraziare, mi avessero accreditato, con benevolenza, presso di Lei. Poi, ha compreso il mio ammirato stupore, talvolta emozionato. Mi ha così condotto, con garbo tutto femminile, nei giardini incantati di una storia meravigliosa, unica, irripetibile, fatta non solo di trionfi, di bellezza e di amore, ma anche di scelte drammatiche e di paure, indotte da un regime comunista, spietato e violento. Posso dire, fin d’ora, che questa resterà l’esperienza più affascinante ed emozionante della mia vita, dal punto di vista emotivo e intellettuale, pur avendo conosciuto, da vicino, molte personalità di rilievo, del mondo della cultura, della politica e delle istituzioni. L’intatta bellezza muliebre e la sorprendente grazia di questa donna, a più di novant’anni, associata ad un approccio sensibile e ad un portamento regale, diventano un nulla di fronte alla sua bellezza interiore. Ma ci sono altre biografie sulla Elvin? Niente di niente. Né biografie, né autobiografie, né interviste esaustive. Fotografie di scena, articoli del Time, spezzoni filmici di interpretazioni. Tutto qui. Si è sempre rifiutata, nonostante pressioni e proposte, di rompere il suo riserbo, giustamente gelosa della privacy conquistata e del suo universo familiare, con il marito, ora scomparso, il figlio e gli amici del mondo della danza: da Massine a Prebil. Questo terzo romanzo della trilogia, quindi, sarà una novità assoluta! Può anticipare ai nostri lettori qualche dettaglio? Mi è stato concesso un grande privilegio. Con Donna Violetta ho convenuto sulla mano provvidenziale. Siamo entrambi cattolici. Lei di origini polacche, per parte di madre. Con il materiale raccolto potrei scrivere 5 volumi, ma abbiamo deciso per una stesura leggera, lieve, come un passo di danza. Nessun dettaglio. Non posso. Mi sono impegnato a sottoporLe il testo per una revisione congiunta. Posso solo anticipare che, accanto alla protagonista, si incontreranno, sullo scenario della guerra fredda e della cortina di ferro, personaggi famosi, come Stalin, Winston Churchill, Clement Attlee, Dmitrij Šostakovič, Sergej Djagilev, Léonide Massine, Maria Callas, Margot Fonteyn, Alvar Aalto, Rudolf Nureyev e così via. Si scoprirà, inoltre, attraverso gli occhi innamorati di Donna Violetta, tutta la bellezza di Vico Equense. Quanto tempo pensa di impiegare nella scrittura, che appare tanto delicata e impegnativa? Non meno di un anno. Spero di essere all’altezza dell’impegno e di non tradire tanta fiducia. Non me lo perdonerei. Posso anticipare, però, che il libro uscirà, nel 2015/16, in lingua inglese, e che sarà presentato a Londra, oltre che, naturalmente, in anteprima, a Vico Equense. Ci può, almeno, descrivere, in un cenno, come nasce l’amore di Violetta Elvin per la danza? Violetta bambina, sulle ginocchia del padre, assiste, per la prima volta, a “La Bella addormentata” di Ciajkovskij, al Bolshoi. A Mosca. Così nasce la stella. Violetta Elvin, la sera dell’addio alla danza, balla, a Londra, come ultima interpretazione della sua carriera, “La Bella addormentata”. Veramente stupefacente! Pubblicheremo questa, altrettanto stupefacente, intervista, il giorno di Capodanno. Vuole rivolgere un augurio ai sorrentini, che ci leggeranno? Ai giovani? Il mio augurio, per il 2015, ai miei concittadini e, in particolare, ai giovani, è di amare Sorrento e la nostra costiera, senza più l’ipocrita retorica del passato e senza più finalità, egoistiche, privatistiche e predatorie. Pochi si sono arricchiti sulla pelle di Sorrento. Ora bisogna pensare a salvaguardarla e a non distruggerla, in quanto di bello è rimasto in piedi. La mia “Trilogia Sorrentina”, per questo, è un dono di amore e di gratitudine, che ho voluto fare alle future generazioni di tutta la costiera sorrentina, affinché imparino a rispettare e ad amare questa terra, come hanno fatto grandi personalità, sorrentine di adozione, come Lucio Dalla e Violetta Elvin. Buon anno a tutti!
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