Fonte: Vittorio Del Tufo da Il Mattino
Si sa come vanno le cose dalle parti del Pd campano. Dal suolo disseccato di quel partito zampillano solo livori. Da anni, incuranti del serio rischio di estinzione che incombe su di loro, capibastone, capicorrente e capicordata se le danno di santa ragione, azzuffandosi di giorno e di notte in uno psicodramma eterno e certificato dai continui fallimenti alle urne. Perciò desta una certa impressione assistere allo spettacolo del reset, o del riposizionamento, andato in scena alla Domus Ars in occasione del debutto napoletano di Nicola Zingaretti, candidato alla segreteria del partito. In platea gli stessi protagonisti della scena politica di ieri, una scena avvelenata da continue faide e lotte per il potere, tutti impegnati, oggi, ad aissare la bandiera del rinnovamento con il nuovo uomo-simbolo, il governatore del Lazio. Quasi una versione aggiornata del gioco delle tre carte: stessi nomi, stesse facce, stessa storia politica, ma nuovi leader di riferimento. Combattenti e reduci alla riscossa: l'altro ieri con Bersani, ieri con Renzi, oggi con Zingaretti. L'intero stato maggiore del Pd campano appare, ancora una volta, come un personaggio (a più facce) in cerca d'autore.
Ad ascoltare il candidato alle primarie, accompagnato dagli immancabili segretari provinciali e regionale Costa e Tartaglione, ecco i rappresentanti delle varie anime dem, seduti in prima fila, scambiarsi più volte e amabilmente di posto, dissimulando un rinnovato fair-play, nel tentativo di ridisegnare, ancora una volta, la geografia intema del partito. Solo che cambiando l'ordine degli addendi (e dei posti a sedere) il risultato non cambia. Ecco il rinnovato dinamismo degli aderenti alle aree di Franceschini (Teresa Amato) e Orlando (Marco Sarracino); ecco i fedelissimi del segretario attuale Maurizio Martina; ecco tanti ex dirigenti, amministratori, volti noti del partito, da Antonio Amato ad Antonio Borriello passando per l'ex collaboratore e fedelissimo di Bassolino Pino Petrella. L'eterno ritorno dei sempre-in-pista. Si dirà: è giusto che un partito in difficoltà, una comunità slabbrata, cerchi nuovo ossigeno per rigenerarsi. E infatti è quello che sta accadendo, non sappiamo ancora con quali risultati, dopo le mazzate del passato. Spaccato al suo interno, incapace di fare quadrato, ostaggio dei veti incrociati e ridotto a condominio allargato dove ognuno pensa al proprio orticello, il Pd prova a ricompattarsi adesso alla corte di rè Nicola. Per colmo di paradosso, questo tentativo di rigenerazione avviene nel giorno in cui Zingaretti blinda il governatore De Luca e apre al sindaco De Magistris. Obbligando i vertici locali del partito a un doppio riposizionamento, quasi un salto mortale con avvitamento, dal momento che proprio i rapporti con DeMa e DeLu sono stati all'origine delle liti più furibonde all'interno della comunità dem campana. Riposizionamenti a parte, resta inevasa la domanda delle domande. Come tornare attrattivi nei confronti delle energie migliori che si muovono in città, spesso sottotraccia? Come uscire fuori dal recinto del personale politico e della sua autoreferenzialità? Come recuperare la Napoli delle professioni, dei giovani, quella che guarda al futuro, gettando finalmente il cuore oltre i tecnocrati e i fallimenti? È un interrogativo che il Pd napoletano e campano si pone già da molti anni. Senza trovare risposta.
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