di Filomena Baratto
Vico Equense - Diversi anni fa andammo a cena alla “Sacrestia”, in via Orazio a Posillipo, noto ristorante di Napoli, invitati da amici per una serata. Come ogni mamma che lascia i figli e va per una serata, il senso di colpa cominciò a montare appena misi piede fuori casa. Arrivammo un po’ agitati, per il traffico e per il timore che da un momento all’altro ci chiamassero per i bambini che non erano mai rimasti a casa con i nonni.
Visto il nostro ritardo, gli amici erano già al primo piatto: pasta e fagioli niente male dall’aspetto. Appena sedetti notai i bei piatti sparsi tra i commensali ma per la tensione e la stanchezza, quasi non avevo fame. Il mio era un no continuo a tutte le portate che arrivavano. Cominciai a sentirmi a disagio per questo per cui mi decisi a prendere qualcosa. Gli amici si sbizzarrirono con i primi piatti.
A tavola c’erano di sicuro 24 portate per otto persone e mentre tutti si passavano i piatti e assaggiavano io presi un piatto niente male, non diretto a me, che nella confusione giunse al mio posto e me lo tenni. Dall’aspetto sembrava una piccola cupola con mattoni rossi e il pennacchio alla sommità costituito da una foglia di basilico che aveva tutta l’aria di aver fatto un corso per modella. Era di un verde transgenico o come se qualcuno l’avesse dipinta. Era una meraviglia. Ma come avrei potuto mangiare quella bontà e poi, la pasta di sera? Con la forchetta a metà finalmente mi decisi ad assaggiare. Sembravo Audrey Hupburn sulla finestra a suonare Moon River per l’espressione della faccia che dovetti fare. Erano ravioli, sei in tutto. Il ripieno era di melanzane, ricotta e provola. Tutti immersi in un sugo di pomodorini e basilico che portai via dal piatto col cucchiaio.
Non so cosa mangiarono gli altri mentre io gustavo quei soli sei ravioli, una delizia. Se la serata si fosse conclusa lì, con mia grande soddisfazione per tornarmene a casa dal piccolo, non mi sarebbe dispiaciuto per quello che avevo assaggiato. Dopo arrivarono ravioli per tutti ed io con loro chiesi il bis, facendo credere di aver mangiato altro. Chi se ne importava della dieta, tanto allattavo e poi non si poteva non mangiarli. Di quella serata, ancora oggi, dopo tanti anni, non ricordo nulla oltre ai ravioli, cosa che mi fa pensare o che non c’era niente di interessante o che i ravioli erano troppo buoni. Quando a tarda ora ci lasciammo, cominciai a realizzare come andavano fatti. Non potevo certamente chiedere la ricetta, e così cominciai ad analizzarla da sola.
Fu diverso tempo dopo, però, che potetti metterla in atto, quando ebbi due amici a cena, proprietari di un ristorante e non volendo sfigurare di fronte ai tanti piatti che erano soliti mangiare, preparai i ravioli come se fosse stato il mio asso nella manica.
Preparai la pasta con farina 0 e uova, di solito 1 uovo per ogni 100 g di farina, ma a volte riduco le uova in base alla farina. Impastai e lasciai a riposare. Dopo con la macchina per la pasta tirai una sfoglia al massimo, deve essere molto sottile, questo accorgimento li rende leggeri.
A parte tagliai cinque o sei melanzane a dadini lasciando la buccia, le frissi, scolai e misi a riposare in carta assorbente. Una volta raffreddate, alle melanzane aggiunsi ricotta e provola a dadini mescolando tutto in una terrina e poi sale, basilico, pepe e parmigiano. Disposi un cucchiaino di ripieno lungo tutta la sfoglia tirata, a distanza l’uno dall’altro, sovrapposi un’altra sfoglia di uguale lunghezza e cominciai a passare la rondella per tagliare la pasta in tanti quadrati ripieni. Staccai man mano tutti i ravioli rifiniti e li sistemai su di un vassoio di legno che uso per la pasta in casa, cospargendoli di semola per non farli attaccare. In un padella tagliai a dadini tanti pomodorini privati dei semi e della parte interna, lasciando solo la polpa, aggiunsi aglio, origano, abbondante basilico tagliato a pezzi e sale. Lasciai cuocere prima lentamente e poi a fuoco ardente facendone una crema. Quando giunsero gli ospiti, mentre mangiavano l’antipasto cuocevo i ravioli. All’inizio fecero un po’ di storie per non voler la pasta, ma io non ebbi il tempo di ascoltarli presa com’ero dalla ricetta. Quando il piatto fu pronto, aggiunsi abbondante sugo di pomodoro morbido e scivoloso, parmigiano e una fogliolina di basilico. Gli amici, che non volevano la pasta, finirono per mangiare solo quelli, meravigliati per quanto fossero buoni. Tutte le altre cose che avevo preparato, furono consumate il giorno dopo. Da allora i miei ravioli sono un piatto sempre atteso e gradito.
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