Nel 2003 il condono edilizio non "toccò" la Campania per volere dell'allora governatore Bassolino. Accuse delle opposizioni: "È voto di scambio"
La discussione sulla Legge di Bilancio 2025 si infiamma attorno a possibili emendamenti che riaprirebbero a forme di condono (edilizio o fiscale). E’ Fratelli d'Italia a tirare fuori una novità: i senatori del partito della premier chiedono di riaprire il condono edilizio del lontano 2003, quando a Palazzo Chigi c'era Silvio Berlusconi. "Nessun nuovo condono. Sì tratta di una sanatoria, che consiste nella riapertura dei termini di una vecchia normativa per sanare vecchie pendenze di persone che anche se hanno pagato per accedere al condono ne sono rimaste escluse": è quanto sottolinea l'ufficio stampa di FdI al Senato a proposito dell'emendamento alla manovra che riapre i termini della sanatoria del 2003. Viene inoltre sottolineato che spetterà eventualmente alle Regioni deliberare in materia e decidere il perimetro delle norme. Nonostante le precisazioni, l'opposizione è subito insorta, accusando la maggioranza di voler "comprare voti" in vista delle elezioni regionali di fine novembre. L'intero schieramento dell'opposizione ha espresso ferma contrarietà, vedendo nel condono un'ingiustizia sociale e un disincentivo alla legalità. I rappresentanti del PD hanno criticato duramente l'idea, definendola un "regalo agli evasori" o a chi ha commesso abusi, sottolineando come mini il principio di equità fiscale e territoriale.
Da sempre contrari a misure di sanatoria generalizzate, i 5 Stelle si oppongono fermamente, evidenziando come queste proposte non facciano altro che incentivare l'abusivismo futuro e penalizzare i cittadini onesti. La componente ambientalista e di sinistra è in prima linea nella protesta, rimarcando i pericoli legati al condono edilizio, in particolare in aree a rischio idrogeologico, e l'impatto devastante sull'ambiente e sul paesaggio. Oltre ai partiti, anche diverse realtà della società civile hanno alzato la voce. Organizzazioni come Legambiente e WWF sono storicamente schierate contro ogni forma di condono edilizio, sostenendo che legalizzare gli abusi metta a rischio la sicurezza del territorio e il patrimonio naturale italiano. Diversi analisti e tecnici hanno espresso perplessità sull'efficacia di tali misure come strumento di gettito, sottolineando come spesso producano entrate inferiori alle attese e creino distorsioni nel mercato e nella pianificazione territoriale. I punti chiave della contrarietà vertono su: premiare chi ha violato le regole a discapito di chi le ha rispettate. Creare l'aspettativa di futuri condoni, incentivando nuovi abusi. La sanatoria di opere abusive in zone a rischio sismico o idrogeologico può aggravare situazioni di pericolo. Affidarsi a entrate una tantum per la Legge di Bilancio, senza risolvere problemi strutturali. La battaglia parlamentare è ancora aperta, con oltre 5.700 emendamenti presentati, e l'esito delle proposte di condono rimane incerto.

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