di Harry di Prisco
Napoli - Un pomeriggio da ricordare, ricco di affetti ed emozioni, in occasione della
presentazione della nuova edizione del libro “Che vita ragazzi...che vita!” (Edizioni
Luca Torre) del giornalista e scrittore Alberto Alovisi , direttore delle testate
giornalistiche online News Express.it e Terronian Magazine. L'evento si è tenuto
presso la sede dell’Istituto di Cultura Meridionale in via Chiatamone presieduto
dall’avv. Gennaro Famiglietti , console generale onorario di Bulgaria e segretario
generale del Corpo Diplomatico Consolare Napoli-Campania. Ne hanno parlato con
l’autore i giornalisti: Annamaria Ghedina , direttore Lo Strillo ( che ha curato anche
la prefazione del libro); Mimmo Falco , vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti
della Campania; Mario Orlando , direttore Report Campania; Harry di Prisco , V.
Chargé de Presse dell’Accademia Internazionale di Cucina Chaîne des Rôtisseurs e il
decano dei giornalisti Peppino De Girolamo . Ha moderato gli interventi la
giornalista Laura Caico . Tanti gli amici di vecchia data che stimano Alovisi per la
sua professionalità e signorilità, un vero galantuomo che si “è fatto da sé”, come lo
stesso scrive: “ Ultimamente un conoscente mi ha riferito che mio padre diceva
sempre che ero l’unico figlio che si era fatto da sé. Peccato, non me l’abbia mai
detto !”.
Iniziando la sua carriera da mozzo è arrivato a Commissario di bordo della
Tirrenia. Si tratta di un romanzo avvincente, per intenderci quelli che si “leggono
tutto d’un fiato”. I libri possono essere classificati in vario modo, ma la principale
divisione è fra quelli che vi cambiano la vita - migliorandola - e quelli che vi lasciano
indifferenti. Ecco questo libro appartiene certamente alla prima rarissima categoria.
Alberto ha dedicato il suo libro alla madre, al padre, allo zio Alberto, ai figli
Giuseppe, Fortunato e Francesco Saverio, ai fratelli, alla piccola Elena ed alle nuore e
per loro - ha dichiarato - lo ha scritto. Particolarmente affettuosa la dedica alla moglie
Elena - presente in sala - vero faro della famiglia, come ha concluso il suo intervento
Mimmo Falco. Come sempre accade, la prima pubblicazione di uno scrittore è la suaautobiografia e questa non poteva certo sfuggire alla consuetudine, ma con una
precisazione: non è una semplice opera biografica fine a sé stessa, nella narrazione
infatti possiamo intravedere noi stessi con i nostri ricordi. Il racconto inizia nei primi
decenni del secolo scorso e ci porta per mano a scoprire, anno dopo anno, gli angoli
più nascosti di una Napoli che purtroppo è ormai scomparsa, con i suoi costumi,
tradizioni e mestieri. La famiglia Alovisi non era certo agiata, ma ricchissima di
sentimenti e affetti; vigeva il rispetto reciproco e fortissimi erano i vincoli che
legavano i nonni, i genitori e i germani, tutti conviventi in tre camere in via Cirillo,
nei pressi di Porta Capuana. Nel libro innumerevoli sono gli insegnamenti e vari i
suggerimenti pratici che se ne ricavano, tratti da episodi realmente accaduti, a volte
faceti e a volte drammatici, tutti risolti da Alovisi con stile e “savoir faire”. Ricorda
Alovisi che da ragazzo si allontanò troppo dalla riva e non riusciva a far ritorno, lo
recuperò zio Claudio, imparò che: “ Il mare andava rispettato, non lo si poteva
sfidare ”, forse questa è la chiave di lettura del suo libro. Il romanzo è un continuo
viaggio in navigazione, in noi stessi e per il mondo perché, come scrive l’autore: “ In
viaggio si conoscono nuove realtà familiari, si superano problemi, si arricchisce il
proprio bagaglio di esperienze di vita. Hai sempre da imparare da chiunque ”. La
lettura del libro consente di fare un viaggio nel tempo e nella nostra gioventù. Perle di
saggezza trasudano dalle pagine del testo in cui vi sono alcuni vocaboli ormai in
disuso e altri in vernacolo napoletano. Per quanto concerne i sentimenti, profusi a
piene mani, l’onestà è sottolineata dal ricordo del marinaio che avendo trovato un
portafogli zeppo di banconote nel mentre riassetta una cabina, lo restituisce al
giovane sbadato passeggero senza volere nessuna ricompensa. Il Commissario
Alovisi, cucendo con un “fil rouge” i vari episodi della sua lunga carriera, racconta di
luoghi visitati in Italia e all’estero, quando sbarcava nei diversi porti toccati dalle
navi. Alberto Alovisi gestiva centocinquanta dipendenti nei vari reparti, mettendo
sempre il passeggero al centro, trattando tutti come persone e non come numeri (di
cabina). Simpatico il ricordo di due autisti non ammessi dal maître al ristorante in
calzoncini e ciabatte, poi garbatamente convinti dal nostro Alberto a cambiare
abbigliamento, tanto da non essere riconosciuti dallo stesso responsabile del
ristorante. I successi e i riconoscimenti avuti dalla Direzione della Tirrenia non sono
stati gratuiti, ma frutto di sacrifici e dedizione totale al lavoro: pretendeva dai suoi
collaboratori quanto chiedeva a sé stesso. Le ore destinate al riposo notturno spesso
venivano interrotte per la risoluzione dei mille problemi che si presentavano in
navigazione, facendo quasi rimpiangergli i tempi delle guardie di otto ore da ufficiale
di macchina con la puzza della nafta. Avreste mai pensato che Alberto si fosse
trasformato in medico per dare dei punti di sutura al sopracciglio di un egiziano
colpito durante una lite da un connazionale? Ebbene si, a quei tempi non era previsto
un medico a bordo e solo anni dopo gli ufficiali fecero dei corsi di medicina
d’urgenza. Ma questo non è l’unico episodio in cui il Capitano, smessa
temporaneamente la divisa, ha indossato il camice bianco. In un’altra occasione lo
stesso ha dovuto necessariamente fingersi medico, per disarmare dal coltello a
serramanico un recluso che, minacciando di tagliare la gola ad un compagno di
cabina che non gradiva, era in transito da un luogo di pena ad un altro. Le lunghe
assenze da casa non hanno impedito ad Alovisi di farsi una famiglia, acquistare casa,
avere tre stupendi figli e seguirli da lontano. Tutto questo reso possibile con tante
privazioni ed un’organizzazione svizzera per calibrare i tempi per raggiungere casa,
anche se per poco tempo. A casa era sempre ad attenderlo l’adorata Elena e la
cagnolina Stella. Il mal di mare, di cui soffre il nostro lupo di mare, non gli è mai
stato d’impedimento nello svolgimento dei suoi delicati compiti di Commissario di
bordo. La timidezza di Alovisi, che potremmo definire un burbero benefico, non gli
ha mai impedito né di dichiarare apertamente ai suoi superiori il suo pensiero, né di
essere prevaricato ingiustamente, tenendo fede alla propria moralità proseguendo
dritto per la propria strada senza tener conto di niente e di nessuno. Stesso
comportamento ha tenuto quando guidava in Campania l’Associazione Direttori
d’Albergo (A.D.A.). Ai vari raccomandati incontrati negli anni non ha riservato
trattamento diverso dagli altri dipendenti. Chi leggerà il libro saprà come si preparano
gli spaghetti alla “ picchi pacchia ” tanto graditi all’attore Renzo Palmer. L’autore
inizia il suo lavoro con questa presentazione: “ La mia è stata una vita movimentata o
per meglio dire vissuta ”, ci lascia con questa riflessione: “ Cosa si vuole di più dalla
vita? La saluta ed essere in grazia di Dio ed in pace con gli uomini ” E la vita? Che
vita ragazzi...!!!
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