La Regione rinvia a settembre il Piano di utilizzo demaniale. Muscarà: «Favorite le lobby»
di Fabrizio Geremicca da Il Corriere del Mezzogiorno
Napoli - Rimandato a settembre. Il Puad (Piano di utilizzo delle aree demaniali) che fu varato dalla giunta regionale della Campania con la delibera 712 del 20 dicembre 2022 e che ha provocato nei mesi scorsi proteste da parte di varie associazioni e realtà - tra esse il comitato Mare Libero e Legambiente - ed ha determinato non poche critiche da parte di alcuni giuristi, per esempio il costituzionalista Alberto Lucarelli, ieri avrebbe dovuto essere approvato in consiglio regionale. Era al punto quattro dell'ordine del giorno. Gennaro Oliviero, il presidente dell'assemblea, ha però messo ai voti la proposta di rinviare il documento in terza commissione, quella che si occupa di attività produttive e turismo. «Ho ricevuto da parte dell'assessore all'Urbanistica Discepolo - ha detto durante la seduta consiliare - una comunicazione riguardante la necessità che ci fosse una condivisione con le associazioni di categoria e propongo perciò di rinviare alla terza commissione». A fine luglio il Puad era passato con i voti favorevoli già in quarta commissione, che ha competenze sulla urbanistica. Secondo Maria Muscarà, consigliere eletta con i Cinque Stelle ed ora indipendente, che è all'opposizione, le vere ragioni del rinvio sarebbero legate a dissapori interni alla maggioranza in merito al documento in votazione.
«Hanno provato ad approvare il Puad - sostiene - ma i numeri non lo permettevano perché il piano, del tutto sbilanciato a favore delle lobby dei privati che gestiscono le spiagge, ha provocare qualche mal di pancia in seno alla stessa maggioranza. Di qui la scelta di prendere tempo fino a settembre, magari nella speranza che, trascorsa l'estate, il tema dell'accesso al mare possa essere di minore attualità». Conclude Muscarà: «Tra l'altro i rappresentanti delle associazioni e delle imprese balneari erano stati già ascoltati mesi fa nella fase di presentazione delle osservazioni al piano». Il documento partorito dalla giunta regionale a fine dicembre 2022 fissa al 30% la percentuale minima di costa da lasciare alla libera balneazione. Troppo poco, secondo gli attivisti che si oppongono al Puad. Sono stati convocati ed ascoltati anch'essi in Regione nei mesi scorsi, ma il piano non è stato modificato di una sola virgola. Le osservazioni di associazioni e comitati non hanno suscitato alcun ripensamento. Il 31 luglio - si diceva - il Puad era stato già esaminato dalla quarta commissione consiliare, che aveva dato semaforo verde. In quella circostanza Felice Casucci, assessore al Turismo nella giunta De Luca, aveva difeso le scelte operate dalla squadra della quale è parte. «Siamo passati - aveva detto - da un accertamento più o meno orientativo del 20% di spiagge libere, ad un numero minimo del 30% ed abbiamo attribuito ad esse una pari dignità rispetto a quelle in concessione, per impedire che vadano come spiagge libere solo quelle che hanno minor rilievo ai fini della balneabilità». Secondo una stima di Legambiente, realizzata sui dati Sid (sistema informativo del Demanio) e con foto satellitari, in Campania sono 1.125 le concessioni per stabilimenti balneari e 166 quelle per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici. Le restanti concessioni sono distribuite su vari utilizzi, da pesca e acquacoltura a diporto. In totale - è scritto nel Rapporto spiagge presentato recentemente dall'associazione ambientalista - il 68,1% delle coste basse campane è occupato da concessioni. Una delle percentuali più elevate in Italia che trova ora conferma nell'ambito delle previsioni del Puad ed è, anzi, leggermente ritoccata al rialzo. In Italia non esiste una norma che stabilisca una percentuale massima di spiagge in concessione. Decidono le Regioni.
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